Antoine Durieux nasce a Bruxelles nel 1986 da padre originario dell’allora Congo belga e madre italo-belga e, a pochi mesi di vita, si trasferisce con la famiglia in Rwanda fino al 1989, poi in Congo fino al 1991. Nel 1992 torna in Belgio, dove cresce e studia. Si trasferisce in Italia nel 2009 con uno zaino in spalla e una gran voglia di viaggiare ancora.
Antoine è di madrelingua francese, ma parla inglese, un pò di swahili e italiano perfettamente. Il suo diario di viaggio è scritto in italiano perché oggi Antoine pensa e sogna in italiano. La scelta di the trip di non correggere i piccoli refusi del suo testo ha un duplice significato: rispettare il suo diario, lasciandolo così come è stato scritto e apprezzare gli sforzi di chi – con ottimi risultati – fa propria la nostra cultura.
6 Agosto 2013. Aspetto questo momento da otto mesi, otto mesi di lavoro per creare la grafica del Festival Amani, festival di musica e ballo, festival internazionale per la pace che si terrà a Goma, regione dei grandi laghi africani, in Repubblica Democratica del Congo dal 30 agosto al 1 settembre.
Partito da Roma, arrivo ad Istanbul di sera per un breve scalo e ne approfitto per salutare Murat, un caro amico turco. Adesso sto sul traghetto direzione Kadikoy ed è notte, sono riuscito a saltare sopra al volo come nei film.
Attraverso il Bosforo e fra poco saro in Asia. Fa caldo, zaino in spalla, sto guardando il paesaggio meraviglioso di Istanbul illuminata. Momento bellissimo e strano nello stesso tempo, sto tornando in Ruanda e in Congo ma vengo colto da ansia, paura e non so perchè. Sarà che aspetto questo momento da vent anni, poter finalmente tornare sulla terra dove sono cresciuto. Ho paura ma sono la persona piu felice del mondo.
Il mio sentimento ora, vedendo questo paesaggio meraviglioso è di non fermarmi mai piu.
7 Agosto. Ho ritrovato il mio fratello turco insieme ad una città nuova. Dopo i moti ed eventi di giugno a Gezi Park e Piazza Taksim la città è cambiata. Scopro che tutti parchi sono stati occupati come quello di Gezi, è meraviglioso, si è creata una situazione bellissima in tutti quartieri.
Ieri abbiamo passato la serata e la notte a Yoğurtçu Park, un parco del quartiere di Kadikoy, occupato da grandi e bambini. Tende, biblioteche, tavoli, strumenti musicali, thè, caffè e cibi squisiti…Tutto messo in condivizione e gratis. I ragazzi sono fantastici, ho visto nei loro occhi la liberta, sono forti, organizzati, motivati e pronti a cambiare e salvare il loro Paese, la Turchia.
Questa tappa turca è solo un belissimo passaggio prima di affrontare i miei sogni africani. Ho scoperto un città nuova, molto diversa da quella che ho visto 6 mesi fa. Mi riccordo di tutti questi cani randagi ed oggi anche loro sembrano piu felici.
Sto sull’aereo e stiamo sorvolando “Le pays des milles collines”. Questo nome, “Il paese delle mille colline” deriva dal fatto che il Ruanda è fatto cosi, colline a perdita di vista, a non piu finire… Dal cielo e dal finestrino guardo la terra, giu è tutto buio e contemplando queste colline illuminate qua e là nella notte profonda, sembra di vedere il cielo con le stelle, ma al contrario.
Arrivo a Kigali dove mi aspetta un amico mio, abbracci, chiacchiere e andiamo subito verso casa. In macchina mi assale una senzazione di déjà vu, scendiamo e saliamo queste colline dove sono nato e riscopro tutto, come fosse la prima volta. Appena scesi dalla macchina infilo per istinto le mie mani nella terra, la terra mia. Sono tornato, finalmente.
8 agosto. Con la luce del giorno è tutto diverso, giro, giro su me stesso e non ci credo, le colline sono piene di case e piantagione di banane, è uno spetacolo. Non ho mai visto un paese cosi pulito in vita mia, qui per esempio le buste di plastica sono vietate ed ogni ultimo sabato del mese è dedicato a pulire le strade del paese.
Tra un giro e un altro ne approffito per andare a vedere il Gisozi Memorial Center dove sono seppelite 250 000 vittime del genocidio del 1994. Momento difficile, unico ed intenso, commovente pensando a tutti coloro che sono morti, conoscenze, famigliari di miei amici e tutti le altre vitime. In 3 mesi di genocidio sono morte piu di 1 millione di persone.
Nel pomeriggio ne approffito per vedere un amica che non vedo da tanti anni. Birre fresche e chiacchiere sotto al sole fino a quando cala la notte, qui cala tutto l’anno tra le 6 e le 6.30 di sera. Poco dopo corro a prendere mio fratello Adrien in aeroporto. Questa notte dobbiamo raggiungere Gisenyi, città sul bordo del Lago Kivu, a ridosso del confine con la Repubblica Democratica del Congo. E domani attraverseremo la frontiera per andare a Goma, capoluogo della provincia del Nord Kivu.
9 agosto. Ogni mattina diventa una sorpresa. Avviandomi verso la frontiera scopro un paradiso terrestre, lunghe spiaggie sabbiose sul bordo del lago, qua e là famiglie e ragazzi che fanno il bagno, bambini nudi che si buttano dai scogli. Un po piu lontano un gruppo di mamme che lavano i panni ed intorno a loro mille casette colorate…
Passare la frontiera dal Ruanda al Congo è come passare dal bianco al nero, dalla tranquilità ruandese alla giungla, al caos Congolese. Il Congo è incredibile, un casino per le strade, gente che corre, che urla, che canta e che balla. Che joia si respira…
Arrivo a casa, lascio lo zaino e raggiungo il Centro dei Giovani di Goma con chi stiamo organizzando il Festival. Ritrovo tutti i ragazzi e mi metto subito a lavorare perchè il Festival si avvicina e dobbiamo ancora fare molte cose.
A fine giornata ritorno a casa, sono stanchissimo ma voglio uscire per scopprire posti nuovi e gente nuova. Il fatto è che qui ci sta tanta tensione nell’aria, la linea di fronte sta a 15 km della città e i ultimi mesi non sono stati facili per la popolazione. Le strade sono piene di militari armati che girano nelle loro jeep 4×4, polizia, elicotteri e blindati della Monusco (ONU) ovunque. E come per tutte le ONG e per espatriati, i organizzatori del Festival mi hanno consigliato di non uscire da solo…
In tre senza casco a bordo di un moto-taxi Adrien e io veniamo accompagnati in un locale, lo “Chez N’temba”, e li facilmente facciamo amicizia con un gruppo di persone di ogni lingua e Paese. La Rumba congolese e i ritmi africani fanno il resto. Balliamo e scherziamo in Swahili, francese ed inglese. Qui sono tutti fratelli e sorelle!
10 agosto. Raggiungo il centro dei giovani a piedi.
Le strade sono piene di colori, dai vestiti delle signore alle faciate dei palazzi.
Goma è classificata tra le città piu pericolose del mondo, non per la criminilità o la guerra, ma per colpa del “Nyiragongo”, il vulcano piu pericoloso del mondo che si trova solo a una ventina di km della città. L’eruzione vulcanica del 2002 ha rasato e distrutto piu della metà della città, quindi tantissimi quartieri sono ancora coperti di lava e pietre.
Il centro dei giovani di Goma è un posto bellissimo, qui si insegna la musica e il ballo a tutti i ragazzi del quartiere, fanno concerti, sport ed organizzano tante attività ed eventi culturali.
Sono felice nel mio Congo.
12 agosto. Mi sveglio per colpa dei rumori e sento un casino per strada. Apro la finestra e vedo 3 ellicoteri ONU che sorvollano la città di lungo in largo. Per strada è un po aggittato, un po diverso dagli altri giorni. Mi vesto e vado a lavorare, ma presto torno a casa a causa di un blackout.
Un amico mi propone di andare a salutare il fratello suo Vianney che vive viccino casa mia con la moglie Linda. Quando arriviamo lei sta cuscinando, lascia i fornelli, ci abbraccia con calore africano e ci propone subito di mangiare insieme a loro. Accettiamo senza farsi preghare.
Linda ci prepara un succo di maracuja. Dopo poco salta ancora l’elletricità e ci ritroviamo al buio con la luce delle candele. Lei è bellissima, con quelle trecine lunghe lunghe, la pelle nera profumata di crema e un sorriso meraviglioso, sta cantando in cuscina ed ha una voce bellissima. In quel momento, seduto al buio, penso a quanto sarebbe stato bello addormentarmi da bambino con le sue canzoni Swahili.
La cena pronta e sempre al buio, la mamma di casa ci invita ad accomodarsi a tavola. Ci ha preparato il FUFU, specialita locale, un tipo di polenta bianca buonissima, pollo cucinato in due modi diversi, piselli, riso, verdure, avocati… Qui si usa di mangiare con le mani, quindi prima e dopo mangiare ci laviamo in una bacinella con sapone e una brocca d’acqua.
In Africa si offre sempre l’ospitalità, anche ai sconosciuti. Tu non devi mai dare niente in dietro, solo approfitare del momento e raccontare quello che vuoi, anche solo il tuo viaggio o la tua vita.
Ora mi sono messo al letto e rissento sensazioni strane, qui sto ritrovando la vita che mi piace, la vita come dovrebbe essere sempre, una vita fatta di cose belle e semplice..
13 agosto. Passano i giorni e non faccio piu caso alla situazione in citta, mi sa che mi sto abbituando. Sta sera mi sono passato davanti 3 camion dell’ONU, un caro armato, polizia e non so quanti militari… La cosa strana qui è che sappiamo tutti quello che succede o quello che potrebbe succedere ma la gente è molto tranquila, la vita continua come se non ci fosse nulla, quando ce la Guerra a neanche 20 km.
14-15 agosto. sono giornate infinite di lavoro per il Festival, mi brucciano i occhi a forza di stare davanti al computer. La sera finisco tardi e non ho la forza di uscire.
16 agosto. ho un giorno libero e insieme al mio amico Djoo, affittiamo un camion. Appena arrivati al centro dei giovani iniziamo a carricare tutto sopra: tavoli, sound, casse, batteria, djembe, chitarre, bassi, poster e striscioni…I ragazzi hanno indossato le loro gonne di paglia e si sono pitturato tutto il corpo.
Saltiamo tutti quanti dietro al camion e tra noi e tutti strumenti musicali non ci sta piu un centimetro di posto libero. Con la musica a palla e la carovana al completo iniziamo il giro per promuovere il festival.
Si distribuiscono i flyers communicando con il microfono a alta voce tutte le informazioni in swahili e in francese. Sul camion si balla, si canta e la gente ci guarda in modo strano, tanti ci sorridono, certi ballano, altri ci fanno un saluto con la mano o il segno della pace con le ditta mentre altri ci dicono di abbassare il volume…
Dalla strada principale che divide la città in due parti, giriamo sulla destra per attraversare un quartiere poppolare. La strada è tutta nera di roccia vulcanica, qui e la un po di terra.
Piu andiamo avanti su quella via, piu il paesaggio si imbrutisce, piu andiamo avanti su quella via, piu si vede e si rissente la povertà. Iniziano ad arrivare bambini che rincorono il camion lansciandoci sorrisi e saluti con la mano!
Decidiamo di fare la prima sosta, ne faremo tre e ad ogni sosta faremo uno spettacolo. Lo spettacolo inizia sempre con questo grupetto di raggazzi tra 4 e 15 anni che fanno balli tradizionali e tribali suonando il djembe. Il nostro camion è il nostro palco!
Piu andiamo avanti piu cambia il paesaggio. Stiamo entrando nella parte piu povera della città, la piu povera che non ho mai visto in tutta la mia vita. Anche questa zona è stata rasata al suolo dall ultima eruzione, le case di un piano sono sparite e hanno lasciato il loro posto a casette di legno costruite sulla lava. Tutto è nero, si vede solo il nero pesante della lava, le pietre, la roccia.
Vedo i visi della gente rovinati da una vita dura e difficile, qua e là ci stanno dei grupetti intorno a un fuoco. Piu della meta delle persone sono senza ciabatte e caminano piedi nudi sulla lava.
Ad un certo punto iniziano ad arrivare decine poi centinaie di bambini da tutte le parti, ne arrivano da tutte le strade, incuriositi e sorridenti. Noi mettiamo la musica al massimo e i bambini ci inseguono, bellissimi. Si vede e si sente la felicità sui loro visi, sono felici, felici di vedere qualcosa di nuovo nel loro quartiere, felici del regalo che gli stiamo facendo.
Ci seguono, sempre di piu, su piu di 10 kilometri, sorelline di 6 anni che corono mano nella mano con il fratellino di 4, ragazze di 6 anni che corono con la sorella o il fratello appena nato, attacato con la fascia sulla schiena. Corono ancora, corono tutti, certi perdono le ciabatte e certi cascano, si fanno male ma si rimettono subito in piedi e riprendono la corsa.
17 > 24 agosto. Una settimana di lavoro, d’incontri e preparativi per il Festival. Come noi, la popolazione lo sta aspettando da tanto tempo. Sono anni che aspettano un iniziativa del genere. Un evento per la pace, per provare a mettere un punto definitivo a questo conflitto, per ritrovare un po di tranquilità dopo piu di venti anni di Guerra. Incontro tante persone e soprattutto tante mamme che mi raccontano della loro situazione qui, mi raccontano dei stupri, della Guerra e delle bombe, mi dicono che sono stanche, stanche di vivere cosi, stanche di vivere nella paura e nell’insicurezza.
25 > 26 agosto. Sono cascate diverse bombe in periferia della città e ci sono stati diversi morti. La popolazione è scesa per strada e ci sono stati moti e scontri con l’ONU perchè fino ad oggi non hano fatto niente per proteggere gli abitanti di Goma. Lanci di pietre, basttonate… L’ONU ha risposto con il fuoco uccidendo due manifestanti. La situazione è molto tesa e non si puo uscire di casa. In questi giorni ci sono dei alti e bassi ma continuiamo a lavorare per l’evento di venerdi.
27 agosto. Mi sveglio con un brutta notizia, ieri notte sono cascate altre bombe (non solo in periferia) e ci sono stati due omicidi. Abbiamo quindi preso la decisione di annulare il Festival… Troppo pericoloso di ragruppare 15 milla persone al giorno in un posto all’aperto, il rischio che ci casca una bomba in mezzo al Festival è troppo alto. Non ho mai provato una delusione cosi grande in vita mia, mesi e mesi di lavoro per niente, buttati via per colpa di una stupida Guerra, vedo anche la delusione sui visi dei miei amici ed è ancora piu grande della mia, con questa notizia se ne vanno via tutte le loro speranze, tutti i loro sogni.
28 agosto. ho passato la giornata piu intensa della mia vita e piu volte ho pensato di non farcela, ma fortunatamente sono vivo, grazie a non so chi. Sono arrivato a Kigali in Ruanda poche ore fa e pian piano provo a riprendermi.
Tutt‘ora tremo come un bambino, ho appena ritrovato mio fratello e ho dei brividi che non mi passano piu. Lui è arivato qui di pomeriggio ed abbiamo appena parlato a lungo. Ce l’ha con me perchè non ero con lui oggi, si è preoccupato per me tutto il giorno e mi ha detto cose che non mi aveva mai detto fino ad oggi. La vita è troppo strana, a volte bisogna aspettare di vivere eventi come oggi per riuscire a dire certe cose a fratelli, amici o pesone care.
Ieri sera sono andato in giro con Djoo e altri amici in un quartiere di Goma.
Verso le 21.30 usciamo dal bar e dopo 10 minuti sentiamo un rumore sordante che si avvicinava a noi, appena il tempo di realizzare e casca una bomba a 500 metri. È tutto buio e i unici punti luminosi erano I pochi fuochi rimasti qua e là per le strada. Acceleriamo il passo e torniamo verso casa mia.
Djoo torna verso casa sua per vedere come stanno la moglie e il figlio e io provo a non pensare. Sono da solo a casa, mio fratello e altri ragazzi del Festival dormono sul bordo del lago vicino alla frontiera da tre notti per la paura del conflito.
Provo a dormire ma cascano altre bombe e non trovo sonno.
Sta mattina mi sveglio, e mentre bevo il caffè alla finestra verso le 9, casca una bomba a neanche 1km di casa sotto i miei occhi, poi se ne sente un altra e poi un altra…Ci sono colone di fumo in tutta la citta.
Provo a chiamare amici cha abbitano nel quartiere dove è cascata la prima bomba per sapere se va tutto bene ma non c’è rete, in tutta la città non si puo chiamare ne ricevere chiamate, tutto saturato. Riesco solo a leggere un messaggio da mio fratello dicendomi che stanno attraversando la frontiera.
Faccio lo zaino al volo ed aspetto il momento giusto per uscire di casa. Con la paura lo stress sta salendo. Mi sta venendo a prendere un amico quindi scendo per strada dove incontro un altro amico, mi fermo un po con lui e le saluto. Carricchiamo i zaini in macchina e via, proviamo a raggiungere la frontiera.
Ci siamo quasi arrivati ma cascano due bombe sulla frontiera. Ci sta il panico, tutti che corrono e decidiamo di tornare indietro. Adesso che ci penso è proprio assurdo, mi ripasso tutti minuti precedenti della mattina, tutte le cose che ho fatto e mi rendo conto che se non mi ero fermato queste 3 minuti per salutare quell’amico, sarei arrivato alla frontiera mentre cascavano le bombe… solo tre minuti in meno e …
Uno dei organizzatori del Festival mi aveva dato il numero di una persona da contatare in caso di emergenza. La chiamo subito. Mi dice di raggiungere casa sua.
Arrivo e trovo la moglie.
Sta in panico totale, mi chiede di provare a passare la frontiera con lei perchè è da sola. Facciamo una chiamata alla frontiera per capire la situazione, ci dicono che ancora non è chiusa e che possiamo provare a passare. Quindi saliamo in macchina e partiamo in quarta.
Arrivati alla frontiera non si capisce niente, pieno di macchine, pieno di personne che corrono, famiglie, bimbi, tutti quanti provano a passare in Rwanda. Ovunque è pieno di militari, polizia, ONU… Ci sono i giornalisti internazionali con il casco e il giubotto anti proiettille.
Non ho notizie dei miei amici, spero solo siano tutti bene.
Mettiamo quasi un ora a passare la frontiera. Ci sta il delirio intorno a me e ancora non sento mio fratello, non so dove sta. Da tutte le due parti stanno arrivando militari, la tensione è altissima. Alla fine riusciamo a passare in Rwanda ma ancora devo fare i controlli del visto… Poi quasi per miracolo ricevo una chiamata di mio fratello preoccupato, sa che le bombe sono cadute quando stavo per passare la frontiera e pensava che ero morto. Ha sentito le due bombe e si è precipitato per vedere dove erano cadute ma non riusciva a chiamarmi.
I controlli fatti, con la macchina proviamo ad andare avanti ma ci fermano militari, non si puo usare l’unica strada perchè è caduta una bomba, stanno evaccuando i feriti…e i morti …
Sento rumori forti nel cielo, mi giro e vedo una decina di ellicotteri rwandesi che stanno arrivando verso di noi.
Dopo un po riapprono la strada e passiamo dove è caduta una delle bombe, è tutto distrutto, in mezzo un albero ridotto a pezzetti con lamiere attacati ai pochi rami rimasti.
Un po piu lontano sulla via ci fermano dei militari e controllano sotto alla nostra macchina per vedere se non trasportiamo bombe… Sto vivendo un incubo.
Incomminciamo il nostro viaggio verso Kigali, a pochi kilometri incontriamo 15 blindati con canoni e circa150 militari a bordo, stanno andando verso il confine.
La strada è piena di conttrolli e posti di blocco. Pian piano ci allontaniamo ma ancora sto da un altra parte. Solo poco fa ballavo e cantavo.
Stiamo andando avanti, la strada si è un liberata ma non la mia testa. Sto guardando il paesaggio attraverso il finestrino: le colline, i vulcani, è bellissimo. È assurdo, 5 kilometri dietro di me è la guerra e qui sembra tutto tranquillo, sono perso. Penso a i miei amici che ho lasciato li, a tutti coloro che non sono riuscito a salutare e di qui non ho notizie. Penso al Festival che non siamo riusciti a fare, penso a questi 8 mesi di lavoro per niente, buttati vi per una guerra di merda, penso a questa fottuta pace che aspettano da piu di 20 anni e che non arriva mai, penso alle bombe, a queste mamme e questi bimbi che ho visto piangere, a tutti morti e feriti in questi giorni… Non ha senso.
Siamo quasi arrivati, mancano 10 kilometri. Dalla cima della montagna intravedo Kigali piena di sole tra le mille colline, è bellissimo e mi conforta rivederla. Guardo attraverso il finestrino e mi viene un sorriso quando vedo 2 scimmie che giocano lungo la strada.
Attraversiamo Kigali, e arriviamo all’ostello dove sta mio fratello, è finita, finalmente…
Adesso sono fuori nel giardino dell’ostello ma non trovo sonno… Ripassa nella mia mente tutta la giornata e non capisco. Qui è tranquillo, il Rwanda e Kigali sono un paradiso. Scrivo pensando ai miei amici blocati nella guerra. Penso che la vita non è giusta, penso che i miei amici sono nati e cresciuti in mezzo alla guerra e che ancora non finisce, una cazzo di vita di guerra che porta via i loro sogni e spezza le vite e mette in ginocchio il loro futuro mentre noi siamo qui, tranquilli nel nostro piccolo mondo.