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27/02 Marrakech

Sono tornata a Marrakech ieri sera, dopo un viaggio lunghissimo in minivan dall’Erg Chebbi. Un vagabondaggio infinito che sembrava non finire mai, penso sia stata la cosa più estenuante di questi 10 giorni.

Oggi è stato il mio ultimo giorno in Marocco, domani farò ritorno in Italia. Come avevo scritto qualche giorno fa, mi pesava pensare che l’ultima immagine che avrei avuto del Marocco sarebbe stata Marrakech; la vedevo una città così costruita, mentre il ricordo che volevo portare con me era quello dei villaggi, della valle delle mille Casbah di Tinghir, il Marocco autentico. Così proprio per cercare di trovare la mia dimensione anche in questa città ho deciso di lasciare i sentieri turistici e di farmi guidare, ancora una volta, dal cuore.

Ait Ben Addou

Rituali di Hammam

Durante questi giorni in Marocco avevo sentito più persone parlarmi dell’hammam, in particolare una donna americana a Fes mi aveva consigliato di andare nell’hammam pubblico di Marrakech per vivere un’esperienza molto forte ma molto tipica. Ovviamente non potevo farmi scappare questa occasione così, col mio zainetto mi sono avviata verso l’hammam pubblico della città. Gli hammam sono dei complessi termali che fanno parte della tradizione marocchina. Non esistono hammam misti per uomini e donne, o meglio adesso qualcuno se ne trova ma si tratta di hammam per i turisti, gli hammam tradizionali sono rigorosamente separati: uomini da una parte e donne dall’altra.

Raggiungo l’hammam che mi avevano consigliato e già mi sembra un’impresa complicatissima cercare di capire da dove si entri ma ecco che all’improvviso arriva un uomo che mi chiede se volessi andare all’hammam e mi accompagna in un vicolo stretto e buio. Mi mostra i forni che vengono riempiti di legna per scaldare l’acqua utilizzata nell’hammam e poi mi lascia alle cure di una donna marocchina che mi accompagna all’ingresso. Già dalla reception dell’hammam si nota che si tratta di un bagno per marocchini e non per turisti: la signora che dovrebbe spiegarmi come accedere all’hammam parla soltanto arabo e non cerca in alcun modo di spiegarmi come funzioni. Mi da una cesta nella quale riporre i vestiti e mi accompagna nello spogliatoio. Insieme a me una donna completamente velata inizia a spogliarsi. Ed ecco la prima cosa che mi ha fatto amare questo hammam: il poter vedere il viso delle donne che al di fuori potevo soltanto immaginare, coperto sotto numerosi strati di tessuto. Dopo qualche minuto siamo completamente nude io e la donna col velo. Entro nella prima sala dell’hammam, il frigidarium, e noto la presenza in mezzo a tante marocchine di due turiste bionde alle quali è stato riservato un trattamento ben diverso dal mio: entrambe infatti indossano uno slip usa e getta e hanno una vaschetta con dentro il ghassoul (sapone marocchino prodotto con argilla e olio), olio di argan e guanto di crine. Io non ho nulla.

Come una donna locale

Ripensandoci ora credo che la donna all’ingresso mi abbia scambiato per una marocchina e, credendo che avessi già tutto l’occorrente con me, non mi ha istruita sulla procedura da seguire nell’hammam. Non sapendo come muovermi mi accodo alle turiste e seguo il loro rituale. Ci sediamo a terra su dei tappetini di spugna e aspettiamo. Mi guardo intorno, l’hammam è veramente fatiscente, cupo, sul lato opposto della stanza cinque o sei donne si spazzolano i capelli bagnati con lentezza, ripetono i movimenti con una naturalezza tale da farlo sembrare un vero e proprio rituale, chiacchierano tra di loro. Mi sembra quasi di aver viaggiato nel tempo, penso che probabilmente quasi tutte le persone che conosco sarebbero scappate a gambe levate da questo posto e io, invece, ne sono affascinata. Mi sento davvero parte della comunità, mi sembra di essere una marocchina a tutti gli effetti. L’adoro.

Dal frigidarium passiamo al tiepidarium e dopo altri dieci minuti raggiungiamo il calidarium. Qui le due turiste vengono prese in cura da due donne dell’hammam. Io, ancora una volta, non so cosa fare e mi siedo accanto ad una signora anziana che è lì insieme a quella che credo sia sua figlia e i due nipotini di massimo quattro o cinque anni. La donna mi guarda e mi sorride, probabilmente intuisce il mio essere spaesata e, non vedendo il mio occorrente per il bagno, chiede ad una delle due lavoratrici di fornirmelo. Arriva quindi il mio ghassoul, il mio olio di argan e il guanto di crine. Finalmente!

Forni nel Retro dell’ hammam

A questo punto succede qualcosa di inaspettato: l’anziana donna seduta accanto a me prende il mio ghassoul e comincia a spalmarmelo addosso, mi irrigidisco, non ero pronta a qualcosa di simile. La signora mi massaggia con le sue mani, delicatamente, mi prende il braccio e lo poggia sulla sua gamba, lo ricopre di ghassoul. Con i polpastrelli riesco a sentire la morbidezza della pelle della sua gamba, nonostante l’età ha una pelle liscissima, credo di non averne mai sentita una così vellutata in vita mia. Nonostante l’irrigidimento del primo momento, inizio a rilassarmi, vedo che attorno a me le donne si alternano nella cura personale, si lavano la schiena a vicenda, si prendono cura le une delle altre. Senza averlo programmato sto vivendo l’esperienza più reale che potessi sperare. Il rituale dell’hammam va avanti a lungo, dopo qualche minuto si effettua il gommage: il ghassoul viene rimosso con il guanto di crine e infine si passa alla cura dei capelli. Di fianco a me la figlia della donna che mi sta lavando insegna ai figli come lavarsi e le procedure da seguire per il gommage. È affascinante vedere come questa tradizione venga tramandata da madre in figlio anche quando questi riescono a malapena parlare. Dopo tutto il rito vengo lavata con secchiate d’acqua calda e cosparsa di olio di argan. Ringrazio la signora che mi sorride, raccolgo le mie cose ed esco dall’hammam. Mi sembra di essere in trance, sono come rinata.

Il mio Marocco

Souk fabbri Marrakech

Mi vesto ed esco dall’edificio, sorrido, non sono mai stata così rilassata. Inizio a vagare nella città senza una meta, raggiungo i quartieri più periferici, sono l’unica turista in giro. Quella città che fino a qualche ora prima mi sembrava così finta inizia a mostrarmi il suo lato più intimo e vero. Perdendomi nei quartieri popolari e restando da sola con tutti i pensieri che mi balenavano in testa, alla vista di tutta quella vita nei mercati locali ho trovato un sacco di motivi per amare questa città, il mio angolino l’ho scovato immancabilmente anche qui. È fatto di hammam pubblici con donne che si tolgono il velo e restano nude davanti a te prima di insaponarti, di uomini che caricano le casse di verdura sulle spalle o che a mezzogiorno escono da dietro la loro macelleria, lasciando il banco aperto, e vanno in moschea a pregare. Sa di bambini che giocano per strada, si rincorrono, fanno a botte e sorridono, poi diventano grandi ma ancora fanno a botte e sorridono stavolta però aggiungono anche qualche battuta sulla pancia che è cresciuta.

Lascio andare i miei pensieri e riprendo a camminare, entro in un souk e mi sento chiamare “Eleonorà!!!” mi volto e sorrido, penso di aver creato più legami in 10 giorni in questo Paese che in un anno intero a Bologna. Grazie Marocco, sei stato infinitamente meglio di quanto speravo.

di Eleonora Crescenzi Lanna

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Eleonora Crescenzi Lanna
Eleonora Crescenzi Lanna cresce a Lenola, un piccolo paesino in provincia di Latina, ma ben presto capisce che il suo Mondo non poteva essere tutto lì. A diciotto anni, sceglie di studiare geologia perché le sembrava un buon modo per esplorare il Mondo. Ha partecipato a spedizioni geologiche in Tunisia e in Patagonia cilena. Alterna viaggi in solitaria a viaggi di gruppo che coordina per Avventure nel Mondo dal 2018. Non sopporta la routine e il naturale affievolirsi delle cose. Cerca sempre nuovi stimoli e nuove avventure. Usa la fotografia e il racconto di viaggio per condividere con gli altri la bellezza del Mondo, per invogliare alla partenza.