Normalmente si pensa alla musica in Tunisia come figlia della cultura islamica o sufi. Questa intuizione non restituisce la complessità di una realtà ben più ricca e caleidoscopica. Anche qui, come in Sud America, in particolare Brasile, Cuba e Haiti, vi sono ancora oggi vivide tracce dell’antica cultura subsahariana.
Un Paese strategico
La Tunisia, un piccolo Paese situato tra la Libia e l’Algeria, era un punto geograficamente strategico per le rotte commerciali trans-sahariane, fino all’abolizione della schiavitù nel 1846. Le culture musicali subsahariane provenienti da luoghi che oggi conosciamo come Mali, Nigeria e Sudan giunsero in Tunisia sia attraverso carovane di commercianti che per mano di schiavi incatenati.
Il gumbri, lo shqashiq e la tabla
Le lingue, i costumi e i rituali di questi luoghi si mescolarono con quelli locali dando vita a una forma di musica decisamente unica: lo Stambeli.
Un’elaborata esibizione di Stambeli coinvolge più musicisti che suonano una varietà di strumenti, i quali restituiscono una musica ricca e stratificata, anche se ridotta all’essenziale.
Gli strumenti principali sono il gumbri, lo shqashiq e la tabla.
Il gumbri è un liuto a tre corde, il cui corpo ha la stessa forma di un tamburo; spesso è decorato con shaqshaqa. Il musicista pizzica le corde e colpisce la base dello strumento con il palmo delle mani (i musicisti di stambeli sono quasi sempre uomini). A ogni movimento, lo shaqshaqa, o shaker metallico, emette sibili e ronzii. Gli shqashiq sono nacchere di ferro onomatopeiche indossate intorno alle dita. Il tamburo tabla a doppia testa completa la processione.
Stambeli e la trance
Lo Stambeli proviene da una tradizione di guarigione in trance, nata dalle pratiche di possessione spiritica di alcune tribù subsahariane. Influenzato dalle usanze nordafricane, è arrivato a comprendere, oltre alla divinità africane, i santi prevalenti nell’Islam. I santi e gli spiriti sono i due fondamenti dello Stambeli. Mentre la musica ritmica suona, l’intonazione si alza, la canzone accelera e la musica gira su se stessa. L’obiettivo è la trance. Gli spettacoli tradizionali includono anche un arifa, ovvero un guaritore che agisce come una sorta di mediatore tra il mondo degli spiriti e il nostro mondo umano.
Nel XVIII e XIX secolo, i danzatori e i musicisti di Stambeli erano artisti chiamati a esibirsi sia in eventi intimi in casa che in concerti più grandi. I mercanti di schiavi arabi richiedevano musica di guarigione spirituale e i cosiddetti “bianchi” tunisini iniziarono a partecipare alle cerimonie dello Stambeli.
Durante l’epoca ottomana, i musicisti di Stambeli suonavano nel palazzo del Bey e
venivano ricompensati per le loro esibizioni. Nel corso del tempo, questo genere musicale è stato adottato da diversi tunisini, non solo dai discendenti degli schiavi.
Sebbene la maggior parte delle canzoni di Stambeli sia cantata in arabo, molte di esse sono ancora cantate in quella che i musicisti chiamano “lingua africana” (o ya’azni). Questo è un aspetto che distingue lo Stambeli dallo gnawa, un’altra musica simile alla trance con una traiettoria simile nel vicino Marocco.
Purtroppo lo Stambeli non è riconosciuto dalle istituzioni locali come espressione del patrimonio culturale; questa pratica risale alla colonizzazione francese, quando fu messo da parte in favore di una prospettiva più “moderna”, considerando irrazionale credere nei santi e negli spiriti.
La musica dei jinn
Ancora oggi alcuni tunisini confondono gli spiriti della musica con i jinn, creature soprannaturali e spesso demoniache presenti nel Corano che devono essere evitate a tutti i costi. Alcuni credono che lo Stambeli, con le sue radici sub-sahariane, promuova la stregoneria o la magia nera, considerate “haram”, proibite dall’Islam.
E forse il nodo è al di fuori della conservazione, qualcosa di così ricco e diverso non può essere codificato da sovvenzioni governative e contratti discografici commerciali.
Ascoltare un musicista di Stambeli, guardare il suo corpo che ondeggia sullo strumento, i polpastrelli callosi che scorrono sulle corde, ascoltare il canto gorgheggiato è un’esperienza unica, destinata a essere vissuta in carne e ossa.
di Samyra Musleh
Foto Wikimedia Commons