“Ho visto dei romani passare intere ore in muta contemplazione, affacciati a una finestra della villa Lante, sul Gianicolo”
Stendhal. Passeggiate romane. 1829
C’è un unico filo che unisce noi romani da secoli. È quella gioia compiaciuta che ti invade quando ti fermi ad osservare la tua città. Quando una luce diversa illumina una strada conosciuta, mostrandola in modo nuovo, inaspettato. Quando alzi lo sguardo, all’alba, al tramonto, ma anche di notte, fino a quando lo abbassi sui sanpietrini lucidi di pioggia che incorniciano in una pozzanghera solo un muro, una finestra, un pezzo di cielo. Questa città riesce a farsi perdonare tutto, e provo un certo piacere a concludere qui la mia polemica storica. Roma non era predisposta per essere capitale. E l’Italia non era pronta per essere unita. Le teorie federaliste di Cattaneo, così controverse ai giorni nostri, centocinquanta anni fa risultavano piene di senso. Il sentimento di appartenenza nazionale risorgimentale non aveva basi nella maggioranza della popolazione e per questo è rimasto incompiuto. Come sottolineava Proudhon in uno dei suoi saggi contro l’Unità d’Italia: “Qui, l’unità è cosa fittizia, arbitraria, pura invenzione politica, maneggio monarchico o dittatoriale, che non ha nulla a che vedere con la libertà. Fino a pochi anni or sono, la critica liberale, ostile alla casa di Napoli, faceva osservare che i siciliani non hanno mai potuto tollerare i napoletani: perché si pretende oggi che tollerino i piemontesi?”.
Dalla proclamazione dell’unità d’Italia sotto Vittorio Emanuele II a Roma capitale bisognerà aspettare dieci anni. Altri ottanta per raggiungere l’ideale repubblicano di Mazzini e Garibaldi, entrambi significativamente assenti nel 1870. Secoli di dominio papale avevano reso questa città un museo, lontana dalle metropoli europee, ancora incatenata ai passati fasti, impedendo lo sviluppo di una classe borghese che la rendesse adatta al ruolo di capitale. Ma toglierla al potere della chiesa era ineluttabile, nonostante il nuovo popolo italiano fosse ancora così soffocato dalla morale cattolica. Oggi la storia ci ha restituito i nomi ed i volti di tutti coloro che hanno combattuto per questo ideale. La statua equestre di Garibaldi, circondata dai busti candidi dei garibaldini, sovrasta il Gianicolo, spalle al Vaticano, rivolta verso quello spettacolo che è Roma. La sua urbanistica è studiata apposta per stupire, facendoti trovare quasi per caso, percorrendo i suoi vicoli, improvvisamente dentro una piazza. Al pellegrino che giungeva da lontano rappresentava la magnificenza di Dio e della Chiesa, a me regala sempre grandi sorrisi.