di Fiamma Creazzola | vincitrice del casting Raccontaci il tuo Trip e vinci la Thailandia
Con più di un milione di abitanti, Ayutthaya fu la gloriosa capitale del regno del Siam dal 1350 al 1767. Il suo nome ha origini leggendarie: proviene dal sanscrito, Ayodhya, che significa l’invincibile ed è riferito alla città del dio Rama, protagonista del poema indiano Ramayana.
L’antico regno comprendeva gli attuali Laos e Cambogia, la parte sud-orientale della Birmania e alcune città della Malesia, e nel momento del suo massimo splendore il suo territorio occupava una superficie superiore a quella di Inghilterra e Francia messe insieme. Così Ayutthaya, con i suoi tre palazzi reali, trecentosettantacinque templi, ventinove fortezze e una posizione geografica strategica al crocevia fra Indonesia, India e Cina, divenne centro nevralgico degli scambi commerciali con l’Asia e punto di connessione tra Oriente e Occidente, diventando una città cosmopolita.
Fu costruita in una posizione ideale, racchiusa e protetta da tre fiumi, il Chao Phraya, il Pa Sak e il Lopburi, creando una fortezza acquatica quasi inespugnabile e vantando una collocazione di riguardo sulla mappa dei grandi porti asiatici. I primi a insediarvisi furono i cinesi, seguiti dai giapponesi e dai persiani. Nel 1498 Vasco da Gama e i suoi vascelli portoghesi superarono il capo di Buona Speranza, aprendo una nuova rotta commerciale e inaugurando l’espansionismo europeo in Asia. Seguirono gli olandesi, gli inglesi della Compagnia delle Indie Orientali, i danesi e i francesi.
Nel XVII secolo, sotto il regno del re Narai, il più aperto e cosmopolita dei sovrani, Ayutthaya intrattenne stretti rapporti con la Francia del Re Sole. I suoi contatti diplomatici interessavano la corte di Versailles, quella di Delhi e quelle imperiali di Cina e Giappone. Insieme con un milione di siamesi, i portoghesi, i francesi, gli olandesi e i britannici vivevano in enclave costruite secondo lo stile architettonico del paese d’origine, dove ognuno poteva esercitare la propria religione e costruire le proprie chiese. Dal punto di vista artistico veniva assimilata una gran quantità di influenze straniere, che si traduceva in un mix eclettico di stili ereditati in parte dal precedente impero di Sukhothai, in parte dal regno di Angkor, in parte mutuati dagli stili giapponese, cinese, indiano, senza contare gli influssi europei.
Il declino cominciò nel XVIII secolo con l’invasione da parte dei birmani dopo due anni di assedio, cominciato nel 1767 e testimoniato ancora oggi dalle rovine. Ayutthaya venne rasa al suolo e smantellata per costruire i templi e le pagode di Bangkok. I suoi monumenti, quando non sono andati distrutti, sono stati invasi dalla vegetazione. Ne è un esempio il Phra Mahathat, uno dei templi più suggestivi della città archeologica, costruito nella seconda metà del XIV secolo. Ancora oggi porta i segni dell’incendio che appiccarono i birmani insieme alla decapitazione delle statue del Buddha, dove la natura diventa anch’essa protagonista con le antiche rovine. Lascia senza fiato la celebre testa di Buddha incastonata in un secolare intrico di radici di un bodhi tree, un albero simile a un fico. La leggenda vuole che, quando i birmani decapitarono le statue, una testa cadde ai piedi di un albero che la circondò proteggendola.
Altro tempio simbolo della città è il Wat Phra Si Sanphet, il più grande di Ayutthaya, di cui oggi sopravvivono solo i tre enormi chedi che conservano le ceneri di importanti sovrani eal cui interno era un tempo custodita un’enorme statua di Buddha ricoperta da duecentocinquanta chili d’oro, distrutta e fusa dagli invasori birmani. Verso la parte Ovest dell’isola, sulla sponda del fiume, svetta il magnifico Wat Chai Wattanaram, costruito in stile khmer, simile ai templi di Angkor, ancora più suggestivo la sera, quando il sole tramonta dietro il chedi principale.
Quasi tutte le strutture religiose sono costruite secondo una fusione di elementi tradizionali del buddhismo Theravada con richiami al simbolismo e alla cosmologia indù. In Thailandia infatti il buddhismo è permeato dall’animismo ed è la cosmologia indù a dettare i principi per la struttura dei templi. Secondo la fede induista, che crede in universi separati e paralleli, una grande torre, che rappresenta il Monte Meru, dimora mitica degli dei, doveva trovarsi al centro, con trentatré piani simbolo dei trentatré livelli del paradiso, mentre i chedi avevano alla sommità un globo per rappresentare il nucleo del Nirvana, e i fossati simboleggiavano gli oceani che separavano la razza umana dalla dimora degli dei.
Oggi di quell’antico splendore rimane un’area archeologica (dichiarata dal 1991 patrimonio dell’umanità dall’Unesco), che comprende quattrocento siti di rilevanza storica.
Passeggiando in bicicletta lungo le sponde del fiume Chao Phraya si prova la sensazione di trovarsi in un luogo leggendario, circondato da un’aura di misticismo, dove si respira lo splendore e la potenza di un impero che dominò il Sud-Est asiatico per quasi quattrocento anni.
GLOSSARIO
CHEDI: Lo Stupa (dal sanscrito stūpa) è il monumento dove si conservano le reliquie. Letteralmente significa fondamento dell’offerta, simbolicamente rappresenta il corpo di Buddha, la sua parola e la sua mente che mostrano i sentieri dell’illuminazione. Dall’India lo stupa si diffonde in tutta l’Asia sud-orientale, in forme e modi diversi. Nel Sud-Est asiatico viene chiamato chedi (dal sinomino in lingua pāli).
NIRVANA: La parola nirvana esprime un concetto proprio delle religioni buddhista e giainista, successivamente introdotte nell’induismo. Nel buddhismo ha un ruolo fondamentale in quanto possiede il significato sia di estinzione (da nir + √va, cessazione del soffio) che libertà dal desiderio (nir + vana). È uno stato di perfetta beatitudine consistente nel totale annullamento di ogni desiderio e realtà terrena
BUDDHISMO THERAVADA: È l’unica delle antiche scuole buddhiste ad essere sopravvissuta fino ai nostri giorni. Letteralmente dottrina (vada) degli anziani (thera) quelli che più s’avvicinavano al Buddha Shakyamuni e che più di tutti rifuggirono da ogni innovazione di tipo teorico. È la forma di buddhismo dominante nell’Asia meridionale e nel Sud-Est asiatico, in particolare in Sri Lanka, Thailandia, Cambogua, Myanmar e Laos.