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testo e foto di Valerio Vittozzi

Siamo io, Andrea, mio fratello Pietro e Nic. Per risparmiare abbiamo comprato due biglietti senza calcolare bene gli scali e le tratte eccessive. Io e Andrea abbiamo il volo diverso da mio fratello e il suo amico. Ci diamo un vago appuntamento a Mumbai sotto l’orologio della stazione Victoria Terminus. Roma – Milano, Milano – Londra, Londra – Bahrain, Bahrain – Mumbai. Lo scalo a Londra è solo di un’ora e mezza e il nostro volo è già in ritardo. Dobbiamo pure cambiare terminal e Heathrow è più simile ad una città che ad un aeroporto. Comincia il panico, sono convinto di perdere la coincidenza. Avverto l’hostess del problema. Lei mi sorride e gentilmente mi fa notare che ho ancora un’ora a mio favore considerando il fuso orario. Viste le premesse comincio seriamente a pensare che in India col cazzo che ci arrivo.

Mumbai: 3gg circa

Impatto assurdo. Specialmente per Pietro e Andrea che non erano mai stati in paesi così poveri. Impatto assurdo soprattutto per il casino, l’inquinamento, il numero di persone, lo stile di vita che hanno gli indiani. Mumbai è una città sconfinata: dall’aeroporto ci sono voluti cinquanta minuti di treno per arrivare al centro. Per non parlare della temperatura. Caldissimo e super umido. Trascorriamo tre giorni girovagando e conosciamo Lucky e Wassim, due ragazzi indiani che lavorano in un’agenzia di viaggi, che ci portano a fare un giro negli slum, le baraccapoli indiane. La gente vive nello schifo più totale, senza luce, acqua o qualsiasi comodità.

Mumbai – Varanasi

1500 km circa da percorrere in treno. Scegliamo la classe più costosa per paura di dover viaggiare scomodi (trenta ore sono tante!). Scelta sbagliata. L’aria condizionata per poco non ci uccide. Ma il viaggio è una bomba, i paesaggi stupendi. Varanasi è considerata la Città Sacra per gli indiani hindu, il posto perfetto dove morire e farsi cremare. Ogni hinduista, almeno una volta nella sua vita, deve essersi recato qui per immergersi nel Gange, almeno da cinque diversi ghats (cosa che per noi sarebbe letale visto lo schifo che ci sta dentro). I ghats sono delle rampe di scale di pietra che terminano nell’acqua. Monumenti e templi stupendi cascano a pezzi dovunque. La gente muore di fame per strada.

All’alba del mattino dopo facciamo un giro sul fiume sacro. Un’idea che hanno moltissimi turisti e infatti la cosa non mi entusiasma per niente. Per questo il pomeriggio decido di rifarmi inoltrandomi con Nic nei vicoletti della città vecchia. Ecco questa è la vera India. Impazzisco, scatto almeno cinquecento foto.

Il caldo è soffocante, per questo decidiamo di spostarci più al nord per andare direttamente in Nepal. Secondo il piano saremmo dovuti entrare in Nepal da est (Siliguri) e non da sud (Lumbini) ma il giorno prima di partire Andrea comincia a stare male: febbre, tosse, debolezza.

Varanasi – Sunauli

La mattina non riusciamo a trovare subito l’autobus giusto per Sunauli. Fa troppo caldo e nonostante il paesaggio sia incredibile non riusciamo a godercelo. Andrea sta malissimo. Per fortuna dorme tutto il tempo. Anche se il “simpatico” autista non fa altro che suonare il clacson. 150 km in dieci ore. Come ciliegina anche a Pietro viene la febbre. Ma uno si imbottisce di tachipirina e passa la paura! Arrivati a Sunauli, città di confine, paghiamo venticinque dollari il visto per entrare in Nepal, valido per quindici giorni. Decidiamo di rimanere qui per un po’. In teoria saremmo dovuti andare subito a Tansen, ma con Pietro e Andrea in stato quasi catatonico decidiamo di fermarci. La temperatura è leggermente più accettabile e si notano subito i lineamenti differenti delle persone. Ci fermiamo al primo hotel e il proprietario si rivela molto disponibile e gentile. Per non parlare dell’economicità (€ 1,50 a notte!). La sera ordiniamo da mangiare un pollo squisito, veramente pazzesco. Peccato che Andrea e Pietro non se lo possano godere. La tachipirina va bene per la febbre, ma il cagotto come lo fermi? Mentre i due moribondi cercano di rimettersi in forze, io e Nic decidiamo di fare una gita di un giorno a Lumbini. Lumbini è il posto dove è nato Lord Buddha ed è considerato un luogo sacro per i buddisti. Ci sono incredibili templi finanziati dall’occidente e dalla Cina. Tenuti e mantenuti alla perfezione, guarda caso. Eccezionale. Comincio a stare male anche io, ma faccio finta di niente. Sarei andato in giro anche con quaranta di febbre in Nepal! Il viaggio tra Sunauli e Lumbini (un’ora e mezza 25 km) si rivela molto interessante. La gente vive come nel Medioevo. Capanne e campi di riso sconfinati.

Sunauli – Tansen

Anche se il tragitto è di due ore e mezza scegliamo un taxi per le condizioni abbastanza gravi di Pietro. La strada comincia a farsi ripida e la cosa che ci colpisce di più è che non ci sono guardrail. Solamente burroni sul ciglio della strada. Arrivati a Tansen finalmente si respira. Però, mentre Andrea è guarito, sia io che Pietro continuiamo a stare male.

A Tansen ci facciamo subito un’idea più chiara del Nepal.

Ci troviamo nel bel mezzo di una festa locale, circondati da vestiti svolazzanti di ogni tipo di colore. La piazza principale è strapiena di gente e sia io che Andrea apprezziamo molto i volti e i lineamenti delle nepalesi. Sono decisamente più belle rispetto alla media indiana.

La gente quando mi guarda scoppia sempre a ridere. All’inizio penso sia un modo gentile di approcciare con gli stranieri, ma mi spiegano che il vero motivo è un altro: qui il piercing tra le narici lo portano solo le donne anziane!

Tansen – Pokhara

Prendiamo come sempre l’autobus locale ma questa volta è veramente pieno. Andrea si caga sotto per la guida spericolata dell’autista e per la strada al limite del percorribile, con il burrone sul nostro lato (anche in Nepal hanno la guida inglese). Spettacolare cittadina sul lago, Pokhara è decisamente più grande di Sunauli e Tansen ma anche molto più turistica. Qui si trovano addirittura delle sottospecie di supermercati e negozietti per turisti. La vera attrattiva? Il tramonto sul lago. Assurdo!

Pokhara – Bandipur

Riusciamo per la prima e ultima volta a osservare la catena dell’Himalaya, giusto un minuto prima di salire sul pullman e ripartire. Sembra che tocchi il cielo. Arrivati a Bandipur, ho subito l’impressione che sia una città tenuta molto meglio rispetto alle altre che abbiamo visitato. Riesco ad entrare nell’unica scuola del posto dove vengo accolto calorosamente e dove scatto un miliardo di fotografie ai bambini… e alla maestra, che si mette sempre in mezzo!

Kathmandu – Bhaktapur

Kathmandu è decisamente più turistica ma anche punto di partenza per tutte le spedizioni, passeggiate, trekking e avventure che si possono fare in Nepal, e costa pochissimo come dappertutto. Io e Andrea decidiamo di andare a visitare il famoso tempio hindu di Pashupatinath sulle rive del fiume Bagmati. L’entrata costa l’equivalente di sei euro. Dopo venti giorni immersi nella cultura indiana, ci sembra un’enormità. Decidiamo di non entrare anche perché le foto non sono ammesse. Uno strano tipo si avvicina e ci dice che per la metà del prezzo ci fa entrare da un’altra parte. Dice di essere una guida del posto con autorizzazione. Non gli crediamo ma lo seguiamo ugualmente. Attraverso un sentiero nascosto pieno di scimmie riusciamo ad entrare nel complesso. Gli stranieri in realtà non sono ammessi nel tempio. Possono osservarlo solo dall’altra sponda del fiume. Incontriamo sguardi inquisitori di vecchietti colorati che fumano un cilum dopo l’altro. Rimaniamo ad ammirare alcuni hinduisti che fanno la brace con un loro familiare (letteralmente bruciano i morti per il loro rito funebre).

A Bhaktapur facciamo forse la passeggiata più bella del viaggio. Decidiamo infatti di raggiungere un tempio che a sentire la gente del luogo dista solo 3 km. Dopo quattro ore e mezza non siamo ancora arrivati e ogni volta che chiediamo indicazioni ci rispondono sempre allo stesso modo: mancano solo 2 km. Strana concezione delle distanze.

Arriviamo stanchi morti ma ne è valsa decisamente la pena.

Kathmandu – Kakarbhitta

Un viaggio al limite della realtà. Partiti sotto la pioggia di notte rimaniamo fermi per il traffico dopo appena cinque minuti (probabilmente qualche camion si è rovesciato). Superato l’intoppo, l’autista comincia a guidare ad una velocità preoccupante per recuperare il tempo perduto.

Kakarbhitta – Siliguri – Darjeeling

Siliguri è probabilmente il posto più brutto che abbiamo visitato. Povertà, inquinamento e sporcizia sono le sue caratteristiche principali. Darjeeling, la capitale mondiale del tè, si trova a duemila metri d’altezza. Finalmente ci godiamo aria pulita, paesaggi mozzafiato e un tè strepitoso.

Darjeeling – Phuentsholing

Abbiamo raggiunto la città di confine tra il West Bengala e Phuentsholing, che è la prima cittadina al confine ovest del Bhutan. Sulla guida leggiamo che potremmo stare un giorno all’interno della cittadina senza alcun visto e senza pagare nessuna tassa. Per stare dentro i confini del Bhutan, invece, devi sborsare duecento dollari al giorno. Ma non solo non ci fanno superare il confine, ci minacciano anche: se ci beccano in Bhutan ci arrestano e così rimaniamo nella cittadina al confine indiano. È terribile. Una delle peggiori mai viste. Sporca, brutta, povera all’inverosimile e senza alcuna attrazione. Ma basta uscire di qualche chilometro che il paesaggio diventa bellissimo: si intravedono in lontananza le montagne himalayane e sterminati campi da tè.

Mumbai – Londra- Roma

Il viaggio è terminato. Torno in Italia con quasi millecinquecento foto scattate e immagini incredibili nella mia testa. Rischio anche di perdere tutto: sia le foto che la testa, visto che, sempre per l’ansia di fare tardi e perdere l’aereo, sbaglio fermata del treno che mi sta portando all’aeroporto. D’istinto salto giù dal treno che però sta ancora viaggiando. Plano sulla banchina con la macchina fotografica in mano. Siamo salvi tutte e due!

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Redazione the trip
The Trip Magazine nasce agli inizia del 2010 a Roma per proporsi come punto di vista alternativo al modo convenzionale di viaggiare. Siamo uno spazio virtuale per la promozione della cultura del viaggio e dei suoi protagonisti. Amiamo la natura e i paesaggi, la storia ed i monumenti, ma prima di tutto amiamo le persone e le dinamiche umane che si celano dietro di esse, a tutte le latitudini del mondo.