Dopo tre mesi di chiusura riapre il museo egizio di Torino e lo fa con un’iniziativa speciale: da oggi, primo febbraio, l’ingresso sarà gratuito fino al 5 febbraio, con prenotazione obbligatoria online.
Ovviamente sarà necessario adottare ancora le misure di sicurezza che ci hanno accompagnati nei mesi passati, cioè la misurazione della temperatura e l’uso della mascherina. Le sale avranno una capienza contingentata e lungo il percorso saranno disponibili dei pratici dispenser per igienizzarsi le mani.
A questo punto eccoci pronti per un tour nel più antico museo del mondo interamente dedicato alla cultura egizia.
Dalla sua fondazione, avvenuta nel 1824, la struttura ha subito modifiche, riorganizzazioni e ampliamenti, resi necessari dalla mole di reperti che continuavano ad arrivare da scavi, da acquisizioni di raccolte private o da scambi con altri musei. È riduttivo pensare di “osservare” dei manufatti in teche asettiche: alcune zone sono realizzate per “vivere” la cultura egizia a 360 gradi, come la sala che ospita la ricomposizione del tempietto rupestre di Ellesiya, inaugurata nel 1970.
Di notevole impatto emotivo e visivo è la zona dello Statuario, allestita da Dante Ferretti in occasione dei giochi olimpici del 2006. L’incremento dei visitatori che, anno dopo anno, si riversano in queste sale, ha obbligato il museo a una riorganizzazione degli spazi e alla dotazione di nuovi sistemi d’impiantistica.
Dal 2015 le collezioni sono dislocate su 4 piani, per un totale di 12.000mq.
Ogni sala, ogni passaggio sono un susseguirsi di meraviglia e di stupore; lasciano senza fiato non solo le grandi statue ma anche i cofanetti intagliati, le riproduzioni delle barche in legno, l’ostrakon (frammento di terracotta usato nell’antico Egitto come materiale scrittorio) con la sensuale raffigurazione di una ballerina in posizione acrobatica, i gioielli, i papiri, e tanto altro ancora, frammenti di vite passate che aspettano solo di essere raccontate.
Da prenotare subito per chi non lo avesse ancora visto.
di Samyra Musleh
Foto copertina di Samyra Musleh