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23/02 Marrakech “io non ti amo né ti odio ma però, però…”

Sono arrivata a Marrakech nel tardo pomeriggio, dalla stazione ho preso un petit taxi sperando mi accompagnasse direttamente davanti casa di Marina, la signora dalla quale dormirò stanotte, e invece niente. La Dar si trova all’interno della medina quindi è impossibile per i taxi addentrarsi nei vicoli. Il tassista mi ha lasciata a Jamaa El Fna, la piazza più famosa di tutta la città e, probabilmente dell’intero Marocco.

Fes

Mi sono sentita spaesata, mi è sembrato di essere stata catapultata in un set cinematografico, faccio fatica a capire come possa affascinare così tanto questo luogo. La piazza sembra costruita a misura di turista, una sorta di bignami di tutto ciò che Instagram ci fa scoprire del Marocco: incantatori di serpenti, donne che fanno disegni con l’henné, banchi con qualsiasi tipo di cibo, spezie a non finire. L’idea che questa sarà l’ultima immagine che avrò del Marocco prima di rientrare in Italia proprio non mi va giù.

Col mio zaino mi sono addentrata nei vicoli della medina, subito ho notato la differenza esorbitante con la medina di Fes. Nella medina di Marrakech è infatti permessa la circolazione di mezzi a motore e il chiacchiericcio dei mercati è spesso sovrastato dai motori che scorrazzano nei vicoli. Con molta fatica e grazie all’aiuto di alcuni bambini sono riuscita a raggiungere casa di Marina, una donna francese che da qualche anno ha deciso di trasferirsi in Marocco. Mi sono sistemata nella mia stanza e ho trascorso la serata chiacchierando con lei e una ragazza marocchina che è venuta a trovarla. Ora però è il momento di andare a letto, domani mi aspetta una levataccia per avvicinarmi al motivo principale per cui sono venuta in Marocco: il deserto.

24/02 Rock The casbah

Sono le 7:30 quando lascio casa di Marina, i vicoli della medina sono ancora bui, non c’è nessuno attorno a me, tranne qualche gatto che sembra si diverta ad apparire improvvisamente facendomi spaventare. Dopo lunghi minuti di attesa mi viene a recuperare l’organizzatore del tour di gruppo che ho prenotato. Viaggiando da sola e prediligendo viaggi low cost il modo più economico che ho trovato per visitare la valle delle mille Kasbah e dormire nel deserto è stato proprio un tour organizzato da un’agenzia locale. Salgo su un minivan dai vetri oscurati e mi presento ai ragazzi che sono già nel veicolo, passiamo a recuperare un altro ragazzo, poi raggiungiamo Jamaa El Fna.

La piazza è piena di minibus nei quali veniamo smistati a seconda del tour che abbiamo scelto. I mie compagni di viaggio sono quattro ragazzi tedeschi, una coppia di amiche e una coppia di fidanzati, due ragazzi giapponesi e una famiglia francese che, durante il lungo tragitto, mi racconta di essere in viaggio da diversi mesi, hanno deciso di prendersi un anno sabbatico durante il quale visiteranno il Sud America e il Sud Est Asiatico. Fantastico! I piccoli della famiglia mi sembrano felicissimi!

Nel frattempo il Marocco scorre fuori dal mio finestrino, il paesaggio è sempre più arido e rosso, sembra di essere su Marte. Arriviamo al passo montano del Tizi n’Tichka, il più alto del Nord Africa (2.260) poi proseguiamo verso la prima tappa del giro: Aît ben Haddou. In testa continua a ripassare “Rock the casbah” dei Clash.

Aît ben Haddou è una città fortificata, detta anche ksar, costruita lungo la rotta carovaniera tra il Sahara e Marrakech. È stata utilizzata per le riprese di molti film come “Il gladiatore”, “Lawrence d’Arabia” e la prima stagione di Games of Thrones. La visitiamo insieme ad una guida locale. La particolarità di Ait Ben Addou sono gli edifici realizzati con argilla rossa e ciottoli e paglia, che sono considerati un esempio unico delle più antiche tecniche di costruzione. Nonostante sia febbraio, il caldo è davvero forte e la salita per arrivare al punto panoramico si fa sentire, la guida ci incalza a suon di “Yalla, Yalla” (“Andiamo, forza” in arabo) noi siamo completamente sudati e non osiamo immaginare come siano questi luoghi in estate.

Da Ait Ben Addou raggiungiamo le Gole di Dadesh dove trascorriamo la notte in un piccolo alberghetto. Il sole è calato velocemente nel canyon e il freddo inizia a farsi sentire, per sopravvivere alla mancanza di riscaldamenti copriamo il letto con qualsiasi cosa troviamo nello zaino.

25/02 Finalmente il deserto

La giornata di oggi è iniziata con ben tre ore di viaggio per raggiungere l’Oasi di Tifilalet. Io non vedevo l’ora di raggiungere il deserto, questa tappa la vedevo più come un aumento inutile del tempo che mi separava dal mettere i piedi nella sabbia, mi pesava un po’, invece mi sono dovuta ricredere. È stata una delle cose più interessanti dell’intero tour.

L’Oasi di Tafilalet è la più grande oasi del Marocco e rappresenta un nodo fondamentale del commercio trans-sahariano sin dall’epoca medievale. La guida ci accompagna in una passeggiata lungo i campi coltivati dell’oasi, ci racconta di come questa terra, un tempo territorio indiscusso dei berberi, sia stata via, via conquistata dalle popolazioni arabe che ne hanno influenzato usi, costumi e tradizioni. Qui scopro l’esistenza del melograno selvatico, più aspro rispetto a quello che conosciamo noi e che i venditori ambulanti di Marrakech usano per preparare i succhi iper zuccherati in vendita nella piazza Jamaa El Fna.

Visitiamo quindi la cittadina di Tinghir un piccolo villaggio berbero dove fino alla nascita di Israele vivevano moltissimi ebrei ormai emigrati. Le case dove risiedevano gli ebrei si riconoscono sono completamente realizzate in legno finemente intagliato (e anche perché, purtroppo, stanno cadendo a pezzi!). Qui alcuni dei ragazzi del gruppo non possono fare a meno di entrare in un negozio di tappeti. Errore colossale. È infatti impossibile sfuggire ai tentativi di vendita dei marocchini. Se entrate in un negozio di tappeti ne uscirete almeno con uno tra le mani. Non c’è verso di liberarsi di un marocchino che vuole vendere. Il tappeto è troppo grande? Vi porta quello più piccolo. Il tappeto è troppo pesante per l’aereo? Ve lo spedisce a casa. Il tappeto in lana di cammello costa troppo? Vi propone quello in lana di montone che costa meno. Siete vegani? Nessun problema, ecco che vi porta il tappeto in seta vegetale. Non fatevi mai vedere lontanamente interessati a qualcosa o alla fine vi sentirete obbligati a comprarla!

Io fortunatamente, prima di partire, avevo già fatto del training autogeno per cercare di controllare la mia facile tentazione all’acquisto. Io e quei tappeti bellissimi non siamo mai stati così distanti emotivamente come in quel momento. Alla fine sono riuscita ad uscire dal negozio a mani vuote ma non ho potuto fare a meno di comprare un meraviglioso tagelmust, il tipico turbante dei tuareg, di colore blu elettrico. Il mio incontro col deserto si avvicinava e non potevo essere impreparata.

Siamo arrivati ad Erg Chebbi nel pomeriggio, l’estasi di mettere i piedi nella sabbia ha presto lasciato spazio alla paura di cadere dal dromedario “Sarò in grado di stare lì su? Ma quanto è alto? E per scendere?”, tutte domande che è bene non farsi, affidatevi all’intuito e andrà tutto bene. Il tragitto in cammello è lungo e lento. Attorno a noi solo dune, sabbia, vento e silenzio. Io vengo rapita dal passo del dromedario sulla sabbia, ne osservo le impronte, il muoversi della zampa, il ripiegarsi del collo. L’andamento di questo animale è così affascinante. Dopo circa un’ora raggiungiamo la nostra tenda berbera, il sole sta calando così io e le due ragazze tedesche, che ormai sono diventate mia compagne di stanza e di tenda, decidiamo di arrampicarci sulla duna più alta per vedere il tramonto. La salita è faticosissima faccio un passo ma la sabbia scivola sotto i miei piedi e mi fa scendere di due passi più giù. Mi sembra impossibile arrivare in alto prima che il sole tramonti, sono stremata, poi ripenso al Perù, ai cinquemila metri della montagna Vinicunca e quella piccola duna mi sembra così insignificante.

Raccolgo tutte le forze che ho e passo dopo passo, finalmente, arrivo in cima alla duna. Il sole è ormai basso e il cielo si sta tingendo di rosso. Sono davanti a quello spettacolo che avevo immaginato per così tanto tempo. Io, il deserto e il tramonto. Mi siedo sulla duna, da sola. Mi tolgo gli scarponi, abbraccio le gambe e respiro a pieni polmoni. Ripenso a questo viaggio, a tutte le esperienze vissute negli ultimi anni, penso a me, ai miei sogni e quello che mi aspetta. Non sono mai stata così in intimità con me stessa come in questo momento.

To be continued…

di Eleonora Crescenzi Lanna

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Eleonora Crescenzi Lanna
Eleonora Crescenzi Lanna cresce a Lenola, un piccolo paesino in provincia di Latina, ma ben presto capisce che il suo Mondo non poteva essere tutto lì. A diciotto anni, sceglie di studiare geologia perché le sembrava un buon modo per esplorare il Mondo. Ha partecipato a spedizioni geologiche in Tunisia e in Patagonia cilena. Alterna viaggi in solitaria a viaggi di gruppo che coordina per Avventure nel Mondo dal 2018. Non sopporta la routine e il naturale affievolirsi delle cose. Cerca sempre nuovi stimoli e nuove avventure. Usa la fotografia e il racconto di viaggio per condividere con gli altri la bellezza del Mondo, per invogliare alla partenza.