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“Quello che dobbiamo dimostrare oggi è che dal momento che l’uomo ha l’automobile, egli può fare qualunque cosa ed andare dovunque. C’è qualcuno che accetti di andare, nell’estate prossima, da Pechino a Parigi in automobile?”

Parigi, 1907 “Le Matin

È il 31 gennaio del 1907. Il principe Scipione Borghese se ne sta beatamente seduto davanti al suo camino nella tenuta Salviati di Migliarino, tra Bologna e Siena, sfogliando diversi giornali. Quando l’occhio gli cade sull’annuncio pubblicato dal quotidiano francese “Le Matin”. Il principe non sta più nella pelle. Esperto alpinista, esploratore e amante di motori decide quale sarà la sua prossima avventura. Chiama il suo fedelissimo meccanico Ettore Guizzardi e prepara personalmente la sua Itala da quaranta cavalli. Sostituisce i parafanghi con delle assi asportabili da impiegare come rampe per gli ostacoli, e decide di utilizzare – a differenza di tutte le auto dell’epoca – pneumatici anteriori e posteriori delle stesse dimensioni così da renderli intercambiabili, riducendo il peso da “treno di gomme” da portare sulla vettura per eventuali cambi durante il tragitto. Alle otto del mattino del 10 giugno del 1907, Scipione parte da Pechino alla volta di Parigi. Con lui e Guizzardi c’è anche un altro passeggero. Luigi Barzini, inviato speciale del “Corriere della Sera” che renderà l’impresa memorabile grazie ai dispacci inviati in redazione dalle più disparate stazioni di posta telegrafica. Articoli pubblicati, oltre che dal “Corriere”, anche dal “Daily Telegraph”. E spediti lungo i pali per migliaia di chilometri, rimbalzando tra Pechino, Shanghai, Hong Kong, Singapore, Aden, Malta, Gibilterra, Londra, per arrivare in redazione in tempo per l’edizione del mattino, sulla quale i lettori potevano seguire le avventure dell’Itala.

Sedicimila chilometri. Sessanta giorni di viaggio. Cina, Mongolia, Siberia, deserto del Gobi, monti Urali, Unione Sovietica, Germania, Francia. Il 10 agosto alle quattro del mattino l’Itala varca per prima il traguardo parigino, consegnando alla storia il primo grande raid automobilistico che oggi tutti ricordano grazie al reportage del re degli inviati Barzini, pubblicato al suo rientro: “La metà del mondo vista da un’automobile”.

Quando ho cominciato a fare questo mestiere ho scoperto diversi aneddoti e luoghi comuni del settore ma c’è sempre stata una frase che mi ha colpita più di tutte: “Fare il giornalista è sempre meglio che lavorare”. L’ho trovata da subito leggermente sconveniente e quasi denigratoria per chi realmente vuole fare il giornalista. Della serie: come darsi la zappa sui piedi da soli. Poi ho scoperto che veniva attribuita proprio a Barzini e mi sono trovata improvvisamente in piena sintonia. Scorrazzare a cavallo di una Fiat in giro per il mondo. Ritrovarsi in Siberia con “strani individui” che non parlano la tua lingua e che non sanno cosa sia un motore. Attraversare la Transiberiana con accanto un principe. Essere il primo testimone di popoli ed usanze praticamente sconosciuti è decisamente meglio – per dirla alla Barzini – che lavorare in miniera. Non entro nel merito di eventuali pecche o difetti di quella che viene definita l’ennesima “casta” del nostro paese, della quale evidentemente faccio parte e che difendo per partito preso. Perché lo spirito del Barzini senior è esattamente lo spirito di “the trip”. Con una leggera differenza. Oggi non c’è più bisogno di dimostrare che con la macchina si può arrivare ovunque, come nel 1907. Oggi c’è bisogno di dimostrare che con i nuovi mezzi tecnologici – Internet, GPS, iPhone – la comunicazione può essere messa al servizio di chiunque. A piedi, in bicicletta, in macchina o in autostop le testimonianze dirette del singolo possono arricchire l’intera umanità.

Quindi tenetevi pronti. Occhialoni e casco da aviatore sono d’obbligo per gettarvi in questo terzo raid che “the trip” vi presenta. Scoprirete come ad Haiti il Cristianesimo sia diventato voodoo, come gli opali dell’Australia ricordino la corsa all’oro del vecchio Far West, come la musica del Portogallo racchiuda in sé tutta la storia dei lusitani.

Non mi resta che rinnovare l’appello sulla scia de “Le Matin”: c’è qualcuno che accetti di seguire le orme del nostro Barzini e travestirsi da inviato speciale per raccontare le sue storie a “the trip”?

Per rimanere in tema di citazioni: altro giro, altra corsa.

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