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In realtà basta poco. Ti carichi un po’ di cemento, sposi un ingegnere, smonti il motore di una Fiat 500, scegli una lingua tipo l’Esperanto e fondi il tuo Stato!

La parola “utopia” mi è sempre stata simpatica. È una di quelle prime parole difficili che impari quando sei ragazzino e che ricordi grazie al suo gusto irraggiungibile. Probabilmente l’ingegner Rosa ha preso troppo alla lettera l’inventore di questa parola. E la cosa veramente assurda è che scopro solo ora di averlo fatto anche io.

Perché questa storia comincia con un viaggio. Il viaggio che Tommaso Moro nel 1516 fa intraprendere al protagonista del suo libro verso un’isola-regno abitata da una società ideale chiamata Utopia. Il viaggio che l’ingegnere bolognese quattro secoli dopo affronta per fondare egli stesso la sua Utopia. L’avventura che “the trip” sta vivendo. Un sfida dai connotati irreali che oggi si rivela più vera che mai. Una scommessa che siamo decisi a vincere, e che mi porta a raccontarvi di cosa l’uomo è capace quando crede fermamente in un progetto.

Mare Adriatico. Largo delle coste italiane. All’inizio degli anni ’60, Giorgio Rosa decide di creare un’isola artificiale in acque internazionali per dichiararla Repubblica indipendente. Sul molo di Rimini sorge una piccola baracca da dove l’utopico bolognese segue i lavori della sua isola. Ci mette otto anni a finirla. La base è come quella di una petroliera, ottocento metri quadri in tutto, costruita su due piani, più un’area di sbarco per i battelli, denominata “Il Porto Verde”.

Rosa scrive la Costituzione, sceglie l’inno nazionale che riprende da un’opera di Wagner e disegna la sua bandiera. Tre rose rosse che si intersecano tra loro su uno sfondo arancione. Il primo maggio del 1968 la Repubblica Esperantista dichiara la sua indipendenza.

Sembra una follia eppure il signor Rosa si proclama Presidente e la risonanza è tale che il governo italiano dopo soli cinquantacinque giorni decide di inabissare l’isola, facendola saltare in aria dalla marina. L’accusa è quella di aver trovato uno stratagemma per raccogliere proventi turistici senza pagare le tasse.

Spine. Non è sempre facile riuscire a portare a termine un impegno preso. Acqua. Non è sempre scontato saper innaffiare i propri pensieri. Foglie. Loro ingialliscono cadono e poi rinascono. È la fotosintesi. È la natura. Per l’uomo di questo millennio hanno inventato un prodotto che va decisamente alla grande: il Lexotan!

Non è filosofia spicciola ma considerazioni di chi si ritrova alle prese con la sua seconda grande sfida. Chiudere questo numero è stato più difficile che creare il primo. Perché so che comincia a crearsi una certa aspettativa. Perché ci tengo. Perché quella che era inizialmente un’utopia si è trasformata in realtà.

Grazie alle vostre parole abbiamo scoperto isole inesplorate. Grazie alle vostre immagini abbiamo conosciuto repubbliche e paesi lontani. Come la tribù dei Saharawi, come le credenze indu, come la pioggia che cade su Tokyo.

Penso alla Repubblica delle Rose che oggi si è trasformata nell’isola che non c’è.

Il sogno di Rosa finisce. Quello di “the trip” è appena cominciato.

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