di Uberto Paoletti
illustrazioni tratte dai libri di Mauro Mancini Navigare lungo costa, Il Tagliamare
31 marzo 2010 – Otranto
5.30 del mattino
C’è qualcosa che non va. Sono le prime luci dell’alba e sto navigando a motore spento godendomi il silenzio del mare. La cambusa è stracolma, il vento favorevole e le antiche torri che svettano dalla costa mi ricordano i pirati saraceni. Ieri sera le ho raccontato di Dragut, ma credo sia rimasta più colpita dal fatto che sapessi chi fosse il grande Ammiraglio Andrea Doria piuttosto che dalle cinquemila teste mozzate di viestani per mano del pirata. Ne ho avuto la conferma quando mi ha spiattellato con fare ingenuo le sue conoscenze in campo storico-architettonico-artistico. «La terza statua sopra al palazzo Ducale di Genova, quello è Dragut». La saccente.
31 marzo 2010
9.03
Da Est il vento si è alzato a venti nodi, che mi consentono di navigare in direzione Vieste di bolina larga a una velocità di sei nodi e mezzo. Zia Elena avanza a gran passo sull’acqua, supera la piccola insenatura di Torre di S. Stefano e costeggia la larga spiaggia che nasconde i due laghi costieri. So che a breve incontrerò la secca di Missipezza, sono troppo vicino alla costa, mi sto preparando alla manovra quando sento odore di caffè. Il pozzetto di zia Elena è stato imbandito a festa: burro, marmellata, cornetti caldi (caldi? È riuscita ad accendere il forno?), caffè fumante e un sorriso da sirena. Devo sbaraccare tutto e non ho molto tempo. Addento un cornetto, recupero un po’ di randa, assicuro il fiocco, la guardo e mi sento felice. C’è qualcosa che non va.
1 aprile 2010
5.47. L’Alba
Il promontorio del Gargano comincia a non confondersi più con la notte. Sono finalmente solo, stanco, assonnato. Zia Elena mi culla di quella strana sensazione che c’è proprio qualcosa che non va. Ieri pomeriggio abbiamo pescato un tonno. C’è voluta una manovra di quasi mezz’ora per recuperare la nostra cena, visto che non sapevo di avere una lenza a mare. Abbiamo cucinato insieme e cenato protetti nella baia di Pugnochiuso. Abbiamo fatto l’amore sottocoperta e guardato le stelle inseguendo il Nord nella notte. Poi lei ha cominciato a parlarmi di Enrico Mattei che nel ‘56 sorvola Pugnochiuso, se ne innamora, decide di comprarla e ne fa un’oasi per i dirigenti dell’Eni fino al suo tragico incidente. Quando fa la professoressa non la sopporto. Tesoro mio sono anni che navigo per questo pezzetto di Adriatico e arrivi tu pensando di darmi lezioni? La lascio fare, ho il mio asso nella manica che tirerò fuori a tempo debito lasciandoti senza parole. Il pensiero mi stizzisce e inorgoglisce allo stesso modo, ridacchio tra me con un retrogusto di amaro in bocca. Sono confuso.
1 aprile 2010
18.22 Cala delle Zagare
Sono a prua con le gambe a penzoloni, da solo con la mia zia Elena. Lei sta dormendo in cabina, ha voluto stare con me per il turno di notte e ora è crollata. Devo pulire il pozzetto, controllare il meteo, assicurare l’ancora… e mentre passo in rassegna tutte le mansioni da capitano – marinaio – mozzo mi scappa un sorriso pensando alla sua faccia quando si troverà di fronte Michele, che con tutto il suo fascino le racconterà di Pizzomunno e il suo amore per Cristalda. «Ogni cento anni il povero Pizzomunno abbandona le sue fattezze di pietra e torna a essere umano per incontrare la sua amata Cristalda, rapita dalle sirene invidiose e trascinata negli abissi». Si, va bene, la conoscono tutti la leggenda di Pizzomunno, ma se a raccontarla è il mitico Cavalier Trimigno è tutta un’altra cosa.
2 aprile
2.52 Porto di Vieste
Ho dormito quasi sei ore. Quando siamo arrivati in porto, verso le tre del mattino, i primi pescherecci erano già salpati e io mi sono attraccato al molo ormeggiando zia Elena a uno di loro. Ho fatto subito rifornimento di acqua, messo la barca in sicurezza, alzato la passerella e di corsa a dormire. Mi sono addormentato subito, tranquillo di essere in porto, tranquillo accanto a lei.
Ora sono sveglio, lei non c’è, mi sono alzato, ho controllato, la passerella è abbassata. Rimbambito di sonno sbatto l’alluce contro lo scalino del pozzetto e impreco. Sono incazzato nero, meglio rimettersi a dormire e chissenefrega di tutto.
Torno in cabina e mi accorgo che c’è un libro aperto accanto al mio cuscino con un biglietto e un cistus nel mezzo. Nel libro di Göran Schildt sono sottolineate a penna quattro righe: il Mediterraneo è come una donna dai mille volti, con atteggiamenti sempre mutevoli. Ho imparato, però, a riconoscerne pregi e difetti, sperimentando molti dei suoi lati buoni e alcuni dei peggiori.