Complice il cambiamento climatico in corso, da una decina d’anni i fiumi italiani sono soggetti a secche più o meno prolungate che regalano ritrovamenti di ogni tipo, dal reperto storico al cranio fossile, dal cingolato tedesco della seconda guerra mondiale al rudere di un castello medievale. Nasce così un nuovo turismo archeologico.
Questa primavera sta vedendo, purtroppo, i fiumi italiani, compreso il Po, scendere sotto il livello idrometrico con numeri da record. La nuova situazione ha indotto tanti curiosi a riversarsi sulle sponde del fiume più lungo d’Italia per passeggiate all’insegna della scoperta.
Queste “sessioni di scavi” non sono appannaggio di università o di enti di ricerca, ma vengono eseguite anche in modo amatoriale da semplici cittadini, incuriositi dai ritrovamenti degli anni passati. Armati di scarpe da trekking, zaino e una piccola cazzuola per scavare (per i più esperti è utile un martelletto e un piccolo pennello) decidono di cimentarsi in questa nuova avventura.
Fino ad ora la magra del Po ha restituito i fossili di un bisonte, di un mammut, di un leone delle caverne, la mandibola di un lupo, i resti di un elephas antiquus, vissuto in zona dai 550.000 ai 70.000 anni fa, le ossa di un rinoceronte di Merck (specie presente in Italia intorno a 40.000 anni fa) e un cranio di cervo gigante di 10.000 anni fa.
Ogni volta che si scopre un nuovo reperto, questo deve essere portato al museo Paleontologico del Po di San Daniele Po, dove viene catalogato ed esposto con il nome di chi lo ha scoperto. Ovviamente è più facile con i resti di piccole dimensioni, ma sicuramente il letto del fiume ha ancora molto da restituire, in favore delle moderne generazioni che possono rendersi partecipi di nuove scoperte con una semplice passeggiata sulle sue sponde.
di Samyra Musleh