Il 16 agosto del 1972 un giovane sub romano, Stefano Mariottini, durante un’immersione al largo delle coste di Riace Marina, notò, a 8 metri di profondità, un braccio “non umano” che emergeva dal fondale sabbioso.
Durante il recupero, curato dalla Sovraintendenza Archeologica della Calabria ed effettuato dal Nucleo Sommozzatori dei Carabinieri di Messina, il fondale del mar Jonio restituì ai ricercatori sbigottiti due statue in bronzo raffiguranti, probabilmente, un oplita e un re guerriero, che furono indicate come statua A e statua B.
La bellezza di queste due opere è palese. La cura dei dettagli, dalle onde della lunga barba della statua B (re guerriero), alta 1,97 m, ai denti in argento della statua A (oplita), alta 1,98 m., rende quasi reali, vive, queste due figure maschili. Attualmente i bronzi si possono ammirare nella sala contingentata del MARRC, il Museo Archeologico Nazionale di Reggio Calabria, disposti su due piedistalli, con la possibilità di osservarli a 360 gradi in tutta la loro possanza.
Dal comune cittadino alla scolaresca in gita, dalla coppia che si ferma al museo per curiosità alla famiglia durante una gita fuori porta; a ogni nuova visita appare un particolare sempre nuovo, un dettaglio che era sfuggito, la calcite bianca che simula la sclera degli occhi, il rame usato per le labbra, il colore rosa della pietra che riprende la caruncola lacrimale.
Gli eventi programmati per festeggiare questi 50 anni non rimarranno esclusivamente tra le mura del Museo: la Regione Calabria ha disposto una vera e propria stagione di iniziative, dal video mapping che, proprio il 16 agosto, verrà proiettato sulla facciata dal museo, alla mostra a cielo aperto sul ritrovamento delle statue collocata in Corso Garibaldi per tutta la stagione estiva.
E ancora: dalle letture alle rassegne collettive, dai festival della scienza alle rappresentazioni teatrali, ogni particolare richiama il desiderio di far conoscere al grande pubblico la storia non solo di questi due opere, ma di tutta la Calabria, terra ricca di siti archeologici di enorme valore culturale.
di Samyra Musleh
Foto copertina WikiCommon