Quando fai un viaggio in Giappone quello che ti colpisce subito è il contrasto tra il nuovo e l’antico, tra le grandi città e i piccoli templi. Tra i più santuari che ho visitato (complice anche il fatto di averlo visitato in un momento in cui non c’era nessuno) è il Santuario Nezu, dove ho avuto l’occasione di respirare davvero la sacralità del momento. Si tratta di uno dei santuari più antichi e belli del Giappone, che merita sicuramente una visita se vi trovate in zona.
Il Santuario Nezu fu fondato, secondo la leggenda, più di 1900 anni fa dal dio Yamato Takeru no Mikoto, ma la sua struttura attuale risale al periodo Edo (1700 circa), quando fu ricostruito per volere dello shogun Tokugawa Tsunayoshi. Il santuario ha lo stesso stile architettonico del famoso mausoleo Toshogu di Nikko, dove è sepolto il primo shogun Tokugawa Ieyasu, ed è considerato uno dei dieci santuari più importanti di Tokyo.
Il Santuario Nezu è immerso nel verde e circondato da laghetti con le carpe koi e da un sentiero tra i torii, i tipici portali rossi che segnano l’ingresso ai luoghi sacri. Il sentiero conduce all’Otome Inari Jinja, un santuario minore dedicato alla dea Inari, protettrice del raccolto e del successo. Il sentiero ricorda molto il Fushimi Inari di Kyoto, anche se in versione ridotta.
Una delle attrazioni principali del Santuario Nezu è il suo giardino di azalee, che ospita circa 3000 piante di più di 100 specie diverse, alcune anche molto rare. Il giardino è in fiore da inizio aprile a inizio maggio, periodo in cui si tiene anche il festival delle azalee (Tsutsuji Matsuri), che attira molti visitatori.
Per raggiungere il Santuario Nezu potete scegliere tra varie opzioni: 10 minuti a piedi dalla stazione Nezu della linea Chiyoda, 12 minuti a piedi dalla stazione Todaimae della linea Namboku o 25 minuti a piedi dal Parco di Ueno. L’accesso al santuario è gratuito e gli orari sono dalle 6:00 alle 17:00.
Non dimenticate di inserire questo santuario nel vostro itinerario, non ve ne pentirete! La galleria fotografica parte sempre dal “come arrivarci”, piccoli attimi vissuti tra le strade, la metropolitana, le persone. Tutto questo, per me, è l’esperienza del viaggio, perché le piccole storie vengono sempre raccontate alle persone più attente.
Testi e fotografie di Marco Barretta