Per il progetto di comunicazione ambientale Adaptation insieme al giornalista scientifico Marco Merola abbiamo intervistato Francesca Dallabetta, direttore area tecnica del Consorzio di Bonifica Renana, in Emilia Romagna.
Forse non tutti sanno che la pianura bolognese era un tempo un vasto acquitrino, che fu bonificato nel corso dei secoli per rendere coltivabile il terreno. Tuttavia, questo processo ha portato anche a una progressiva atrofizzazione delle acque superficiali e sotterranee, con conseguenze negative per l’ambiente e per le attività agricole. Per questo motivo, negli ultimi anni si sta lavorando al recupero di alcune zone umide, che hanno un ruolo fondamentale per la salvaguardia dell’ecosistema.
Quali sono i benefici ambientali delle aree umide? Innanzitutto, esse contribuiscono a mantenere il livello dell’acquifero, che è la principale risorsa idrica della nostra zona. Inoltre, esse favoriscono la biodiversità, ospitando numerose specie vegetali e animali, alcune delle quali rare o minacciate. Infine, esse svolgono una funzione di mitigazione degli effetti del cambiamento climatico, che ha ridotto la disponibilità di acqua e aumentato il rischio di siccità ed esondazioni.
Un esempio di area umida reintrodotta nel territorio è quello delle ex risaie di Bentivoglio, ora chiamate Rizza. Si tratta di un’importante oasi naturalistica, realizzata nel 2011 grazie alla collaborazione tra il Consorzio di bonifica renana, il Comune di Bentivoglio e il WWF. Qui si possono ammirare specie come il cavaliere d’Italia, l’airone bianco, il falco di palude e la cicogna bianca, che hanno trovato un habitat ideale per nidificare e riprodursi.
Di seguito l’intervista completa:
Articolo, riprese e montaggio di Marco Barretta