Immaginate di poter essere gli artefici della creazione di un piccolo mondo fatto di musica, sperimentazione e condivisione. Un luogo creato apposta per voi, dove sentirsi a proprio agio, con se stessi e con gli altri. Uno spazio immerso nella natura, dove la musica si traveste da guida per condurvi lungo sentieri di suoni e melodie nascosti tra la terra.
Stiamo parlando dell’atmosfera che troverete a Terraforma, un festival del tutto nuovo all’interno del panorama italiano, alla sua seconda edizione, che quest’anno si svolge dal 12 al 14 giugno 2015 nel Parco di Villa Arconati di Bollate (Milano).
Tre giorni intensi di performance dal vivo, proiezioni, workshop, incontri con gli artisti, percorsi di ascolto, immersioni nella natura, installazioni, mercato a chilometro zero e camping.
Organizzata dall’Associazione Culturale No Profit Threes, Terraforma (nome che deriva da terraformare, quel processo teorico attraverso il quale si rende possibile la vita su un pianeta a partire dalla creazione di un’atmosfera) è organizzato secondo un modello in grado di rendere l’evento sostenibile, integrando diversi aspetti, dalla produzione al consumo di risorse.
Abbiamo fatto due chiacchiere con il direttore artistico, Ruggero Pietromarchi, che ci ha spiegato le ragioni della costruzione di questo microcosmo (che l’anno scorso ha contato duemilacinquecento spettatori e che quest’anno con l’area camping ingrandita e il nuovo palco Troppotondo, ne prevede molti di più).
Come e perché nasce l’associazione Threes?
Threes viene fondata nel 2012 dal sottoscritto, Dario Nepoti e Alberto Brenta e nasce inizialmente da una mia idea di voler realizzare un festival.
Ho lavorato per diversi anni per una casa discografica di medie dimensioni, la Ponderosa Music&Art, che principalmente segue il management di Ludovico Einaudi ma svolge diverse attività di produzioni musicali, artistiche e culturali tra cui l’organizzazione di rassegne e concerti di musica jazz e folk in ambito di cantautorato italiano. Ho imparato molto da quell’esperienza ma sono sempre stato attratto dalla musica sperimentale e da lì ha cominciato a balenarmi l’idea della creazione di un festival basato proprio sulla sperimentazione.
Un estate in Sicilia mi imbatto in Dario, anche lui siciliano come me, mentre cercavo un posto per realizzare il mio progetto. Dario mi dice che ha un terreno vicino Cefalù immerso negli ulivi che sarebbe perfetto. Torniamo a Milano e tiriamo in mezzo Alberto appena rientrato da Londra per gli studi. Partiamo tutti e tre di nuovo per la Sicilia con l’intenzione di realizzare questo festival. Ma sia io che Alberto che Dario facciamo base a Milano, è la città dove viviamo e organizzare un evento del genere in Sicilia dal Nord Italia è praticamente impossibile.
Decidiamo quindi di partire proprio da qui, da Milano e nel 2012 negli spazi dell’Assab One, un ex tipografia smantellata e abbandonata ormai da dieci anni, abbiamo sviluppato i nostri primi progetti tra cui Techno Portraits e Progetto Opera.
Il primo era basato sull’ascolto dell’elettronica ma fuori dalla club culture, puntando più sul lato artistico e costruendo la serata in tre momenti diversi: l’intervista all’artista, l’esibizione live e il dj set a chiudere.
L’altro era basato sulla messinscena di Mozart Così’ fan Tutte, ossia la scuola degli amanti. Abbiamo unito il Conservatorio di Milano insieme agli attori dell’Accademia della Scala, due realtà che purtroppo comunicano molto poco tra loro, e li abbiamo inseriti all’interno del contesto dell’ex fabbrica oggi Assab One.
È stato un grande successo ma eravamo consapevoli di non esserci inventati nulla di nuovo. Il problema è che in Italia si parla molto di progetti di avanguardia ma se ne realizzano pochi e sull’orlo di questo entusiasmo ci siamo resi conto che saremmo sopravvissuti ma con troppa fatica.
Serviva una scossa. Qualcosa che impattasse sul tessuto culturale del contesto in cui viviamo. Qualcosa di più grande, di diverso.
Da qui Terraforma?
C’è voluta un’enorme dose di coscienza. Sapevamo fosse una grandissima scommessa con il rischio di fare un salto nel vuoto.
Un evento del genere è molto complesso. Da una parte lavori con dei contenuti non facili, dall’altro stai organizzando un qualcosa in un parco all’aperto. L’idea è quella di portare un certo tipo di musica e ascolto in un determinato contesto e qui a Villa Arconati l’elemento naturale è fortissimo ma non deve neanche essere un limite.
Terraforma funziona benissimo con il parco ma esso stesso non deve essere un elemento imprescindibile.
Quello che ci ha ispirato è il ricreare un atmosfera dove le persone possano sentirsi al loro agio ma allo stesso tempo attente all’ascolto di un musica che deve essere accessibile, facile e da non galleria d’arte, se pur rimanendo nell’ambito della sperimentazione.
Un’atmosfera comoda e accogliente unita a un ascolto vivo e partecipe significa divertirsi con attenzione. E questo è possibile ricrearlo ovunque.
E come è andata a Villa Arconati?
Terraforma è anche un progetto di sostenibilità legato a Villa Arconati. Abbiamo cercato di interpretare il concetto di “eco-sostenibilità” oggi fin troppo strumentalizzato in un vero e proprio progetto per questa Villa che come tanti altri patrimoni italiani non riesce a mantenersi. Ogni anno Terraforma recupererà un pezzo di parco insieme alla creazione di un parco architettonico semipermanente. Per il prossimo anno è previsto il terzo step che consiste nella realizzazione di un parco scultoreo: diversi artisti internazionali e non verranno chiamati a realizzare un opera di land art site specific.
Dalla techno al jazz, dal folk all’ambient, la line up del festival è ricchissima e molto variegata anche se accomunata dall’interesse per la sperimentazione, quanto è stato difficile coinvolgere tutti questi artisti?
Io mi occupo principalmente della parte artistica e cerco sempre di conoscere di persona tutti gli artisti prima di invitarli. Con molti è impossibile ma cerco comunque di spiegargli di cosa si tratta prima di chiedere di partecipare. La reazione è sempre la stessa: sono molto entusiasti ma ci credono poco.
Artisti di nicchia che sono professionisti al top della scena ne vedono di tutti i colori, Terraforma è un festival al secondo anno, siamo ancora in divenire quindi gli artisti coinvolti (specialmente quelli dell’anno scorso con i quali siamo partiti) sono quasi una famiglia per noi. In particolare ne voglio ricordare tre (che ci sono anche quest’anno): Donato Dozzy, Rabhi Beaini e Volcov. Loro sono tre figure, ciascuna di ambito musicale diversa, ma super rispettata nell’ambiente con i quali lavoravamo da tempo e abbiamo costruito un rapporto. Rabhi è stato uno dei primi a spingere per questa avventura.
Molto spesso i festival sono fatti per ascoltare le novità, se vai al Sonar ti becchi tutti i progetti dell’ultimo anno o del prossimo, Terraforma è diverso, non è una situazione di novità ma di ricerca e stimolo. In questo senso è interessante fare un lavoro di continuità anche con gli artisti
Donato che ritorna anche quest’’anno saprà come muoversi, come interpretare questa “atmosfera”.
Vogliamo creare un senso di comunità con gli artisti come facciamo con il pubblico.
Questa è Terraforma.
Per chi volesse campeggiare deve sbrigarsi a comprare il biglietto, l’area camping è quasi esaurita!
Appuntamento quindi per venerdì 12 giugno alle 15 apertura dei cancelli.
Ci saremo anche noi di the Trip magazine.