di Stefano Miraglia | stefanomiraglia.tumblr.com
foto di Joel-Peter Witkin
immagini concesse dalla Fondazione Alinari © alinari.it
L’intera opera di Joel-Peter Witkin (Brooklyn, 1939) è un gesto di sovversione della storia dell’arte: rivisitando Courbet, Bosch, la pittura fiamminga, il Rinascimento e altre forme d’arte, innestando le influenze pittoriche in quelle fotografiche (dissotterrando Man Ray e Étienne-Jules Marey e scaraventando i loro corpi nel mondo dell’arte contemporanea, incorporando nelle sue opere la loro lezione a livello tematico, ma soprattutto matericamente, nel senso di immagine data della materia fotografica) Witkin ha partecipato all’evoluzione del linguaggio fotografico della seconda metà del Novecento, rimettendo alla fotografia forme estetiche troppo spesso legate solo alla pittura e alla scultura.
PAN – Palazzo delle Arti di Napoli, assieme alla Fratelli Alinari Fondazione per la Storia della Fotografia, in collaborazione con la Galerie Baudoin Lebon di Parigi, presenta una mostra retrospettiva dell’artista statunitense dal titolo Joel-Peter Witkin. Il Maestro dei suoi Maestri, visitabile fino al 20 ottobre 2013. In occasione dell’evento abbiamo avuto modo di porgli qualche domanda sulle sue creazioni.
Osservando i suoi lavori più famosi, possiamo trovare la presenza – molto rara – del tema del viaggio. Penso a immagini come Satiro, A Day in the Country o Los Angelese Death: queste opere ruotano attorno all’idea del viaggio, della ricerca. Continua a essere influenzato, durante il processo di creazione, dall’atto del viaggiare?
Ho sempre viaggiato e continuerò a farlo durante la lavorazione delle mie opere perché persone provenienti da diverse società occidentali guardano, si emozionano e reagiscono alle mie idee in modo molto diverso. Sono in uno stato di costante ricerca, per creare fotografie che rendano immortale ciò che è mortale. Questa è sempre stata la missione degli artisti di tutte le epoche e luoghi.
La sua estetica è influenzata dalla pittura classica ma possiamo anche vedere un legame con l’arte dell’Europa Centro Orientale (come ad esempio la scuola grafica polacca degli anni Cinquanta e Sessanta), e ovviamente la presenza del Messico è molto importante nei suoi lavori. Ma dove stanno gli Stati Uniti nelle sue immagini?
I miei lavori non sono mai sembrati quelli di un artista americano perché non coinvolgono direttamente dei luoghi specifici. La ragione di questa scelta sta nel fatto che il mio lavoro coinvolge piuttosto la presenza della coscienza e dell’anima delle persone che includo nelle mie fotografie. Questo perché le mie immagini sono fatte per mostrare la lotta tra Tempo e Anima.
Le sue opere hanno influenzato una buona parte della cultura audiovisiva nordamericana degli anni Novanta (basti vedere, per esempio, il video musicale per Closer dei Nine Inch Nails diretto da Mark Romanek). Pensa che il pubblico statunitense abbia capito il suo lavoro?
No, e questo è un bene perché viviamo in un’epoca di vacuo escapismo. Molte persone non vogliono pensare, non vogliono essere messi alla prova e non vogliono conoscere la Verità dell’Arte.
Sembra che l’Europa abbia bisogno sempre di più della sua arte, cosa c’è nel futuro di Joel-Peter Witkin?
La mia filosofia fotografica è «sono un buon fotografo nella misura in cui è buona la mia ultima fotografia». Creo per sorprendermi e per condividere ciò che di meglio ho trovato nella vita.