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di Simone Perini

foto di Gabriele di Mascolo

 

què lejos està mi tierra

y sin embargo, que cerca,

o es que existe un territorio

donde las sangres se mezclan.

 

“Milonga de andar lejos”

Daniel Viglietti

Esiste un centro. E di questo una periferia. Esiste una direzione, anzi due, opposte. Una linea sulla terra. Chi sta da una parte e chi sta dall’altra. Poi magari si gioca e le posizioni cambiano, ma l’inizio è chiaro, impossibile non capirlo. O di qua o di là. Un bastone nella sabbia, un gesso sull’asfalto, una linea sulla carta geografica. Poi si fanno le squadre. Il capitano è sempre il capitano e decide. Il mondo ne è pieno. Le nazioni ne sono piene. Capitani, marescialli, presidenti. Loro scelgono i giocatori, loro interpretano le regole. Sono secoli che le spiegano. Da stamattina non le capisco più.

Il gioco dei bambini è sempre ad armi pari. Davanti alla disuguaglianza di opportunità, nel gioco, anche il bambino più timido diventa un ribelle. Se non è uguale per tutti il gioco non vale. E se va avanti lo stesso io non gioco più. Braccia conserte. Punto. Nessuno può smuoverlo. Meglio la morte che giocare con queste regole. Meglio la morte.

Centro America, Guatemala, Sud. Le squadre sono fatte da tempo. Si è giocato abbastanza da capire che quelli dall’altra parte sono i più forti. Da questa parte, capitani poco rappresentativi continuano a spiegare regole che non si riescono più a capire. Non oggi. Si è nati in un posto senza possibilità di scegliere, e la squadra uno se la trova già bella e pronta, credendo che tutto il mondo sia quel cortile, quel pezzo di terra.

La mia terra è povera, non è sviluppata, non siamo stati capaci, troppa delinquenza, troppa droga, troppa corruzione. A forza di ripeterlo si finisce per crederci, dev’essere vero.

Poi si scopre l’ Altrove, raccontato, immaginato, telefonato, possibile. Le luci, ancora non viste, da lontano abbagliano, come un richiamo, un insulto, una provocazione a cui non si resiste.

Le voci vanno e vengono, da Nord a Sud e viceversa. Sul filo e sui binari. Un flusso continuo. Quel che rimane qui invece, immobile, è la violenza. Della miseria, dei colpi per strada, dell’esodo verso una vita migliore, della famiglia che si riunisce in un phone center, del denaro ricevuto in agenzia, quando arriva. Briciole che cadono dalla tavola.

Tutto ha un diritto e un rovescio. E chi non si accontenta decide di cambiare, di seguire la voce all’altro capo del telefono. Il corpo viene contrabbandato come una merce. Una merce illegale. Un tanto al capo, due tre mila dollari a testa. Francobollo stampato in fronte e ci si spedisce al Nord. (Se per le regole valessi quanto un casco di banane!) No. Le regole sono altre. Sono scritte. Non da me. Allora si ci rivolge alla jungla. Anche lì esistono regole. Non scritte ma che tutti conoscono. Tutti conoscono il coyote, lui conosce la strada. “Come il lupo e lo sciacallo, il coyote è un predatore opportunista. Si nutre di mammiferi, anche di carogne, dai roditori ai grossi cervi alle capre, ai migranti”. Li cerca, li scova, ne mangia le speranze un po’ alla volta. Ma anche il suo è ruolo del gioco. Qualcuno deve pur farlo. Incassa i soldi e accompagna i giocatori dall’altra parte della linea. A volte solo fino al confine.

La bestia, insieme alle altre merci, porta in groppa i viaggiatori. Le merci al coperto, nei vagoni sennò si rovinano, gli esseri umani, dove avanza spazio. Chi cade rimane dietro, spesso invalido.

La chiesa, vicino casa, offre la salvezza delle anime ad un prezzo accessibile, ma durante il viaggio regala qualche pasto caldo e offre un paio di notti all’asciutto. Dio ti benedica. Gratis.

Alcune frontiere sono linee sulla cartina. Alcune sono solchi scavati sulla terra. E barriere, filo spinato, muro, guardie e vigilantes. Il Nord si protegge. Si concede a piccole dosi.

Chi tocca il muro e nessuno lo vede, passa. Chi viene visto ritorna indietro, di due passi, tre paesi e una gamba in meno. Ritenta e sarai più (in)fortunato. Sennò il carcere: stai fermo un giro. Se compri la carta deserto, devi attraversarlo. Se muori rimani la. Archeologia delle migrazioni, la chiameranno un giorno.

Chi passa va avanti di un quadro. Stati Uniti d’America. Altra periferia, altro Sud, altri capitani, altro gioco. Chi riesce a rimanere di qua adesso manda indietro lettere, denaro, bagliori. Che incrociano gli altri viaggiatori in opposta direzione. Chi non riesce, si perde. Il quadro cade.

Meglio la morte che giocare con queste regole. Meglio la morte, dice chi sta in piedi e guarda il gioco. Non il suo.

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