Ottenuto il visto per l’ Australia rimaneva solo una cosa da fare, biglietto!
Tariffa molto conveniente: Roma/Melbourne con scalo a Doha e Manila, un’ idea che mi sorprende. E se mi fermassi qualche giorno nelle Filippine invece di farci solo scalo? L’idea prende forma ma geograficamente il paese non mi aiuta, più osservavo la carta e più mi rendevo conto che è formato da 7000 isole, dunque, quale scegliere ?
Zingarate mi viene in aiuto, “Palawan isola più bella del mondo”. La meta è decisa, ma raggiungerla era leggermente più complicato. 17 ore di volo per raggiungere Manila con scalo a Jeddah, una notte a Manila, un volo interno per Puerto Princesa ed eccomi a destinazione. Ah dimenticavo, per raggiungere la mia destinazione El nido ci sono volute altre 6 ore di macchina dall’aeroporto. Cerco un van che faccia la tratta, pago per il mio posto e subito traggo la mia prima considerazione sui Filippini, l’unica negativa, ogni filippino diventa pazzo se ha a che fare con un volante, e il nostro driver era il più pazzo di tutti. Viaggio allucinante, velocità folle per quelle stradine in costruzione, uso spasmodico del clacson per enfatizzare ogni azione del nostro Senna asiatico ma nonostante tutto, un senso di sicurezza mi pervade. Mi rilasso e inizio a godermi il viaggio, ma chi parte con solo uno zaino a spalla in fondo cerca questo no?
Dopo più di 5 ore sono a El Nido, il mare non si vede quasi mai lungo il percorso ma una volta arrivati nella baia di Bacuit ti si schiude letteralmente davanti, ti abbraccia, ti chiedi se non sia nato proprio lì il mare. Trovo il mio ostello, lascio lo zaino ed è quasi sera, trovo la forza per dirigermi in spiaggia ed è subito pace. Seduto ad un tavolo con i piedi sulla sabbia bevo birra e mangio il pesce più fresco che riesco ad immaginare a soli 8 euro.
La mattina mi sveglio di buon ora e parto per uno dei 4 tour che ci vengono offerti, A B C D, scelgo il primo. Tutti i tour partono dalla spiaggia di El Nido, si sale sulle tipiche imbarcazioni palawanensi che sembrano libellule adagiate sull’acqua e inizia la meraviglia. Small lagoon, Big lagoon, Shimizu island, è tutto un rincorrersi di aspettative superate, paesaggi primordiali, ricordi inconsci e scintille naturali.
Sulla barca con me ci sono un gruppo di amici californiani, facciamo amicizia e mi invitano a passare la serata con loro, accetto. Mi trovo a pensare a tutte le paure che mi avevano assalito per questo primo viaggio in solitaria, ma ora mi sembra la miglior scelta che abbia mai fatto, non si è mai aperti mentalmente e liberi da responsabilità come quando si è da soli.
Per arrivare al locale dell’appuntamento prendo il tipico taxi dell’isola, il tricycle, sono dappertutto, sono rumorosi, lenti, ci monti sopra e realizzi di essere dall’ altra parte del mondo, sono il massimo. Il locale si chiama Panorama ed è meraviglioso: una terrazza sulla baia, lucciole appese a mezz’aria, camicie di lino, piedi nudi, alcool e atmosfera, poi pochi ricordi confusi ma tutti dolci.
La mattina dopo si va a fare colazione in un locale conosciuto in zona chiamato Tambok’ s, scegliamo cucina tipica e ci portano riso e uova con maiale caramellato, dopo questo sono pronto ad affrontare qualsiasi giornata. Mi incontro con una ragazza conosciuta la sera prima, affittiamo uno scooter e raggiungiamo Nacpan beach. Poco fuori da El Nido è un paradiso per chi ha solo bisogno di relax. Acqua cristallina, sabbia così fina da sembrare sale, pescatori antichi e luci al tramonto così vive da trasformare in enormi tartarughe marine a pelo d’acqua due piccoli isolotti non lontani dalla riva.
La vacanza sta per finire ma ho ancora tempo per un secondo tour, il C comprendente Helicopter island, Secret Beach, Hidden beach, non sto neanche a dilungarmi in ulteriori descrizioni perché c’è ancora tempo per un’ultima notte. Notte passata tra karaoke discutibili, bagni in mari proibiti, chiasso notturno e frastornante che scema proporzionalmente con lo schiarirsi del cielo, raggiungendo la sua completa assenza nello schiudersi della prima alba esotica che io abbia mai visto.
testo e foto di Nazzareno Consalvi
Foto copertina di ©Charles Deluvio