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Lasciate che vi dica cosa penso dell’andare in bicicletta. Penso che la bici abbia fatto per l’emancipazione delle donne più di ogni altra cosa al mondo”. Quando lessi questa dichiarazione dell’attivista Susan B. Anthony sul New York World avevo 26 anni ed era appena trascorso un anno da quando avevo compiuto il giro del mondo in bicicletta.

Quanto accettai di intraprendere questo viaggio ero già sposata e madre di tre figli, ma all’epoca non ero poi considerata così precoce. La mia impresa nacque come una scommessa. Ero “il cavallo sbagliato” su cui puntare contro: immigrata negli Stati Uniti, lettone di nascita, ebrea cresciuta in una città antisemita, esile e con dei bambini molto piccoli da accudire.

Budget previsto per il mio viaggio: solo 100 sterline per compiere il giro del mondo in 15 mesi. Questo era il compenso concesso dal mio sponsor, la Londonderry Lithia Spring Water Company del New Hampshire, insieme ad una bicicletta dal peso di 42 kg ed una targa sbilenca. Nel mio personale equipaggiamento avevo invece solo una pistola dall’impugnatura perlata e un cambio di abiti per la stagione fredda.

Diversi uomini decisero di scommettere contro di me tra medici e imprenditori, i quali ritenevano impossibile per una donna, e nella fattispecie una donna come me, compiere un viaggio così impegnativo in sella a due ruote.

Partii da Boston il 27 giugno 1894 e dopo appena tre mesi già mi sentivo sconfitta. Avevo attraversato il Paese ed ero arrivata a Chicago con l’inverno alle porte, spendendo quasi un terzo della mia somma a disposizione. La mia gonna in stile vittoriano, scomoda e pomposa restava sempre impigliata nei pedali della bici, una bici davvero impossibile da maneggiare. Poi una svolta inaspettata. Un nuovo partner, la Sterling Cycle Works mi offrì una nuova bicicletta quasi 10 kg più leggera ma senza freni né marce, bloomers invernali e la carica per proseguire il mio viaggio.

Arrivai a New York City e il 24 novembre 1894 salii a bordo della nave francese La Touraine, destinata a Le Havre sulla costa settentrionale della Francia. Utilizzando tutti i mezzi di trasporto a me disponibili, dove poter imbarcare la mia compagna a due ruote visitai l’Egitto, Israele, lo Yemen, lo Sri Lanka, poi ancora Singapore, il Vietnam e infine la Cina.

Il 23 marzo 1895 tornai negli Stati Uniti e trascorsi cinque mesi in un viaggio itinerante per tornare definitivamente al mio traguardo e chiudere il cerchio: Boston.

Ho amato la mia bici come una sorella fedele. Una creatura con una propria autonomia che mi ha guidata verso una nuova epoca. Lo spazio fisico occupato dal mio corpo nel mondo è diventato dinamico, ogni orizzonte ha iniziato ad apparirmi come valicabile e la popolarità di questo mezzo di trasporto nell’emisfero femminile ha iniziato ad acquisire un significato più profondo di libertà.

Libiramente ispirato alla biografia di Annie Londonderry

di Samyra Musleh
Foto copertina CC0 Public Domain

 

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Samyra Musleh - Chief Editor
Antropologa, divulgatrice scientifica e content manager è caporedattrice per ThetripMag a tempo pieno. Ibrida dalla nascita, metà italiana e metà giordano palestinese, vive rincorrendo la cosa che ama di più: andare a caccia dei vocaboli giusti per raccontare storie che rimangano impresse. Ama la natura ma anche la tecnologia, i contesti multiculturali, il giornalismo d’inchiesta e i libri di fantascienza. È sempre alla ricerca di qualcosa di nuovo da sperimentare e posti nuovi da conoscere. Iperattiva e versatile, prova a reinventarsi ogni giorno per non soccombere alla giungla urbana che la circonda insieme al suo fidato compagno di vita a 4 zampe.