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Melilla, Marocco da qui parte il racconto di viaggio di Riccardo Sartori che ci porta e rivivere il celebre film di Peter Weir nell’enclave spagnola

Casomai non vi rivedessi buon pomeriggio, buonasera e buonanotte! Comincia con queste battute il “The Truman show”, film del 1998 diretto da Peter Weir ed interpretato da Jim Carrey. La pellicola candidata a tre premi Oscar si basa sulla storia di Truman Burbank che ignaro, vive all’interno di un immenso studio televisivo circondato da attori ed osservato da milioni di telespettatori ventiquattro ore al giorno. Questa la sensazione che si ha una volta arrivati a Melilla, l’enclave spagnola nel nord del Marocco, una città di 73mila attori in un set cinematografico costruito per il turista.

A Plazas de Las Culturas Josè spiega ai pochi presenti le particolarità di Melilla La Vieja, la città vecchia, e la sua storia. Colonia fenicia dal 72 d.C. passò sotto il dominio romano, mussulmano e poi marocchino fino al 1497 quando venne occupata dagli spagnoli della Reconquista, da allora ha subito molteplici tentativi di annessione da parte del Marocco.

Con una superficie di 12 km2 si presenta come una città spoglia, vuota, disabitata. Nelle piazze, panchine rovinate dal tempo sperano invano che un passante si sieda mentre sembra quasi di sentire le risate di bambini che si rincorrono all’ombra dei pochi alberi verdi e rigogliosi. Allontanandosi dal centro città invece la situazione cambia.

Melilla, Spain – Cars abbandoned in the poorest area of the city
Melilla, Spain – Cars abbandoned in the poorest area of the city

Dalla desolata Spagna i pochi chilometri che separano la città vecchia dal confine con il Marocco conducono dritti al cuore di un altro Paese. Cambia tutto, le persone, la lingua, l’ordine, gli edifici: un uomo disteso mette insieme i pezzi del motore della sua auto così battuta da non avere più forma, un altro litiga con tre agenti della Guardia Civil, una colonna di decine e decine di auto suonano e strillano per passare per primi, accanto due ragazzi dormono distesi su dei cartoni all’ombra di una palma. Sulla sinistra il puesto fronterizo di Beni-Enzar, la dogana internazionale tramite la quale si entra in Marocco; sulla destra un grande spiazzo sabbioso dove un formicaio di uomini, donne velate, giovani e vecchi si allineano fino a formare una fila lunga mezzo chilometro. Sono i “portadores” che ogni giorno fanno la spola tra Spagna e Marocco portando sulle spalle chili mercanzia e sui volti la fatica del loro lavoro.

Melilla, Spain – A group of “portadores” attends the own turn to transport products in Morocco
Melilla, Spain – A group of “portadores” attends the own turn to transport products in Morocco. The dwellers of Farkhana, Beni-Ensar and Mariouari, small cities close to Melilla, have the visa through which they can go in or out from Spain without controls

Melilla, come la vicina Nador in Marocco non ha alcun tipo di produzione ed esporta solo merce importata a sua volta. Dalla penisola iberica arrivano navi cariche ogni giorno: scarpe, cibo, alcool, carta igienica, ruote vengono scaricate al porto, trasportate su dei furgonicini fino alle dogane di Beni-Enzar e Barrio Chino ed esportate a spalla dai portadores. Le merci potrebbero tranquillamente passare per la dogana carrabile ma verrebbe applicata una tassa che per quella pedonale non è prevista. Dal lunedì al giovedì, dalle 9.00 alle 12.00 la colonna stanca ed urlante conta fino a 7000 persone coordinate dagli agenti della Policia Nacional che non si fa scrupoli ad usare i manganelli per snellire il traffico. Un uomo di 62 anni carico di rotoli di scottex confessa che il guadagno per ogni viaggio tra Europa e Africa è di circa 10 euro e che ogni giorno riesce a compierlo quattro o cinque volte ma dipende; ha la faccia stanca e segnata dal lavoro.

Melilla, Spain – A group of “portadores”
Melilla, Spain – A group of “portadores” proceeds towards the custom transporting whatever object

Dietro di lui un uomo dal passo incerto si aggrappa ad un compagno, toglie gli occhiali scuri rivelando due fessure: le pupille bianche, opacizzate dalla cecità sono incorniciate da un volto sfinito e da una lunga cicatrice sulla guancia destra. Juan Antonio Martin Rivera, l’addetto stampa della Policia Nacional, mi rivela che alcuni di questi portatori sono spagnoli residenti a Melilla che senza la speranza di un lavoro sono costretti a fare questo per sopravvivere. Nel 2016 la città ha fatto registrare il più alto tasso di disoccupazione in Europa insieme alla sorella Ceuta, rispettivamente 69,1% e 63,3%, la maggior parte dei cittadini è impiegata negli uffici pubblici e riceve un sussidio affinché rimanga residente nell’enclave.

Melilla, Spain – A “portador” uses a mini skateboard in order to transport his load in Morocco
Melilla, Spain – A “portador” uses a mini skateboard in order to transport his load in Morocco. During each travel “portadores” transport loads ranging from 20 to 50 kilograms. On paved road they are used to help themselves by means of these mini skateboards

Seaheaven, la città nella quale è ambientato “The Truman show”, è circondata da una bolla di cemento e acciaio dalla quale non si può né uscire né entrare, il giorno e la notte sono artificiali così come il mare ed i fenomeni atmosferici. Tutto è deciso in maniera arbitraria da Christof, il regista-burattinaio del programma televisivo. Come quest’ultima, Melilla è stata recintata agli inizi degli anni ’90 per cercare di fermare o diminuire il flusso migratorio proveniente dai paesi dell’Africa Sub-sahariana. Attraverso le enclavi spagnole scorre infatti la “Western Mediterranean route” (Frontex), una tratta percorsa nel 2015 e 2016 da un totale di 30.000 migranti. La particolarità di questa rotta è che non prevede l’attraversamento in barca del Mar Mediterraneo, molto rischioso e costoso. I migranti che non posso permettersi economicamente di pagare i 1000-2000 euro agli scafisti percorrono questa rotta, sono dunque i più poveri tra i poveri, i più disperati tra i disperati.

Melilla, Spain – The boundary dividing Spain and Morocco is made up of 5 barriers
Melilla, Spain – The boundary dividing Spain and Morocco is made up of 5 barriers. The first fence is barbed (two metres high), the second one is controlled by the Moroccan army (five metres high), the third one leans towards the outside (six metres high), the fourth is Spanish and it is composed by a thin wire mesh, the last one is a police human barrier (Guarda Civil)

Così affermano due ragazzi della Guinea di 18 e 19 anni, arrivati in Marocco in gennaio ed entrati in Spagna ad aprile dove devono rimanere per un totale di sei mesi prima di essere trasportati nella penisola iberica. Camminano sotto l’impressionante recinzione che delimita l’Europa e mi domando cosa provino ora a stare liberamente sotto quella che fino a poco tempo fa rappresentava il confine tra la sofferenza e la libertà.

«Quieres una foto?» dice Juan Antonio Martin Rivera, dell’ufficio stampa della Guardia Civil: un uomo robusto, senza divisa, con l’aspetto da capocantiere appassionato al vino. Mi mostra orgoglioso la recinzione nel Pino de Rostrogordo, il punto più a Nord dove acciaio e filo spinato terminano a strapiombo sul Mar Mediterraneo. Le barriere di separazione sono così composte: una prima recinzione di 2m circa coronata da filo spinato con pattuglie dell’esercito marocchino ogni 500m, un fossato profondo circa 5m, una seconda recinzione marocchina strapiombante e spinata alta 6m ed una spagnola della stessa altezza verticale fatta di una rete così fitta da oscurare il sole, infine la Guardia Civil che controlla il confine con telecamere e sensori di movimento.

La domanda sorge spontanea: con così tanti controlli, ostacoli e pericoli come è possibile che i migranti sub-sahariani continuino a saltare le recinzioni? Come già scritto vi ricordo che… tutto è deciso in maniera arbitraria…

Melilla, Spain – the panoramic from the northermost point of the the city
Melilla, Spain – the panoramic from the northermost point of the the city. The spanish fences, close to the Rostrogordo’s pine, stop in front of Mediterranean Sea. Here a Moroccan barrack checks out the surroundings

Melilla è una città spagnola immersa in territorio marocchino che non produce, che non esporta, che non ha potere. In questo angolo di Europa, è il Marocco a comandare. L’esercito marocchino sa benissimo dove i migranti vivono prima di tentare il salto, riesce a controllarli e a bloccarli, solo che non sempre lo fa. Usa questo flusso migratorio per gestire la pressione sull’enclave e quindi sul governo spagnolo e sull’Europa; la città e il suo CETI (Centro temporaneo per migranti) sono sovraffollati e nuovi arrivi equivalgono a nuovi problemi. Quando gli accordi tra i due stati sono solidi e fruttuosi in centinaia tentano il salto e non uno riesce a passare (800 hanno tentato di entrare a Ceuta il 4 Luglio 2017 e nemmeno uno è passato), quando invece il Marocco vuole chiedere qualcosa al governo Spagnolo come aiuti economici, agricoli, lasciapassare per i portadores ecc.. le maglie si aprono e i migranti riescono ad entrare.

Melilla, Spain – A couple of lovers watches the sea
Melilla, Spain – A couple of lovers watches the sea from the northernmost point of the city. People are used to watch the Mediterranean Sea where separation fences stop

A Melilla la Vieja nel frattempo la visita guidata si è conclusa, Josè congeda i visitatori ricordando che, se anche la città ha dovuto affrontare varie angherie nel corso dei secoli loro rimangono e rimarranno sempre spagnoli. I turisti tornano nei loro alloggi soddisfatti portando con sé il ricordo di una città serena, pacifica e tranquilla. Il fatto è “che crediamo nella realtà per come ci viene presentata” (The Truman show) senza spingersi oltre, senza ricercare una nostra più profonda, più vera e personale Verità. È tempo che ognuno di noi capisca in che mondo viviamo e si renda conto che siamo condizionati da ciò che ci sta attorno e da chi vuole renderci sordi e cechi di fronte alla realtà.

Melilla, Spain – A basketball cour
Melilla, Spain – A basketball court. On the right the Beni-Ensar Moroccan harbour, on the left the Spanish harbour. It is a free port on which import duties and taxes are not applied

In ognuno di noi c’è una parte di Truman Burbank ma con consapevolezza e determinazione possiamo fuggire da questo sistema e tornare ad essere liberi.

 

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Redazione the trip
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