Sono stato in Galles, vicino ad Aberfan, cittadina tristemente ricordata per un disastro causato nel 1966 dall’accumulo del materiale di scarto di una miniera di carbone. Ma la storia che voglio raccontarvi non è questa, ed ha un lieto fine.
Parte proprio da questa regione a lungo associata all’industria mineraria del carbone, che da una parte ha fornito lavoro a migliaia di persone per decenni, ma dall’altra presenta numerosi dilemmi in termini di rapporti con la natura e le comunità locali.
In primo luogo, l’estrazione del carbone ha un impatto significativo sull’ambiente circostante, incluso il suolo, l’aria e l’acqua. Le miniere di carbone possono essere altamente inquinanti e le loro attività possono compromettere seriamente la biodiversità delle aree circostanti. La scarsa qualità dell’aria può anche avere effetti negativi sulla salute delle persone che vivono nelle vicinanze delle miniere di carbone.
In secondo luogo, l’industria mineraria del carbone ha avuto, come dicevo, un impatto duraturo sulle comunità locali. Molti villaggi e città del Galles sono stati costruiti intorno a queste miniere, il che significa che ancora oggi molte persone dipendono da questo tipo di industria.
Per una settimana ho seguito Emma Williams, dell’organizzazione Coal Spoil Fungi, che si concentra sull’utilizzo dei funghi per bonificare i terreni inquinati da queste attività minerarie. I funghi possono assorbire e utilizzare le sostanze chimiche tossiche presenti nel terreno, come il piombo e il mercurio, e trasformarle in sostanze meno pericolose per l’ambiente. Ciò significa che i funghi possono essere utilizzati per ripulire il suolo intorno alle miniere di carbone e limitare l’impatto dell’industria mineraria sull’ambiente.
Il lavoro di Emma e di Coal Spoil Fungi è fondamentale per trovare soluzioni innovative e la loro ricerca e le loro attività hanno il potenziale per aiutare a proteggere l’ambiente circostante e le comunità locali che dipendono da un sistema altamente inquinante ma che ancora oggi tutti noi siamo strettamente legati.
C’è ancora molto lavoro da fare, ho visto profonde ferite nel terreno che difficilmente possono essere risanate, ho ascoltato i rumori delle grandi macchine scavatrici, i forti odori delle sostanze chimiche, ma ho anche visto un inizio di convivenza tra industria e piccole soluzioni innovative che possono mitigare l’impatto umano su un territorio lacerato da disastri ambientali che, inevitabilmente, colpiscono tutti noi.
La situazione attuale in Galles presenta sfide significative, l’ho visto negli occhi di Emma ma anche in una vecchia generazione che ha vissuto il disastro di Aberfan, nel 1966, e che oggi guarda il passato con la voglia di non commettere più gli stessi errori e lasciare un mondo migliore alle nuove generazioni, che sempre più ha bisogno di energia (pulita).
Testi e fotografie di Marco Barretta