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di Valentina Borghi

 

Con la Thailandia ho un rapporto speciale, è stata la mia porta d’ingresso per l’Asia tanti anni fa e il mio amore profondo per tutto il sud est asiatico nasce proprio da qui, da quel giorno in cui atterrai a Bangkok e presi il treno per Ayuttaya.

Sono passati più di 10 anni da allora, ci sono tornata diverse volte, ed è un Paese che continuo a vivere un po’ come una tana sicura, la Thailandia è rassicurante, sono rassicuranti i sorrisi dei thailandesi ed è rassicurante la loro infinità generosità. Poco tempo fa mi si è presentata l’occasione di tornarci come fotoreporter per The Trip e non potevo lasciarmela scappare!

Sono partita da Milano in un freddo pomeriggio d’autunno per ritrovarmi all’aeroporto di Phuket 15 ore dopo, con 35 gradi e il 98%  di umidità. Appena uscita dall’aeroporto vengo sommersa dai cartelli degli hotel, non riesco a trovare il mio nome e, per un attimo, temo che si siano dimenticati di me. Finché finalmente non scorgo un cartello con scritto “Borghi”: ero salva!

L’autista mi fa cenno di salire su un pulmino e, sotto una pioggia battente, raggiungiamo il porto turistico di Phuket, a 1 ora di distanza dall’aeroporto. Solo lì, a gesti, scopro che non raggiungerò Phi Phi con il taxi-boat (come era previsto) a causa del maltempo e mi toccherà aspettare il traghetto di linea che partirà qualche ora dopo. Il viaggio si preannuncia più lungo del previsto ed io sono sempre più stanca. Finalmente si parte; dopo più di 3h sento urlare il nome della mia fermata, ma non vedo nessun pontile. Poco dopo diventa chiaro che dovrò fare un trasbordo su una lancia che mi porterà sulla spiaggia. Finalmente e con grande felicità tocco terra a Phi Phi Island, quando sono passate più di 24h dalla mia partenza dall’Italia.

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TAPPA 1 – PHI PHI ISLANDS

Sono ospite del resort più bello di tutta l’isola, il Zeavola Resort & Spa, sulla spiaggia di Hat Laem Thon, la zona più esclusiva di Phi Phi Don. Dimenticavo, forse non tutti sanno che le Phi Phi Islands sono due, c’è Phi Phi Don, l’isola più grande (dove si trovano tutte le strutture ricettive) e Phi Phi Leh, dove si trova Maya Beach, la famosa spiaggia del film “The Beach” con Di Caprio.

Non sono abituata a viaggiare nel lusso e quando mi capita lo apprezzo ancora di più. Il Zeavola poi rispecchia esattamente il mio ideale di lusso; 59 ville eco-chic immerse nella giungla e costruite con grande attenzione alla sostenibilità ambientale (cosa che manca completamente se si guarda il villaggio principale di Ton Sai). Mi sento come una principessa in un paradiso terrestre. Ho una villa di 60 metri quadri tutta per me da cui vedo solo verde.

Giusto il tempo di riposarmi un po’ e smaltire il fuso, e sono lì a pianificare i prossimi giorni sull’isola. Per spostarsi dalla spiaggia di Hat Laem Thon, ma più in generale per muoversi a Phi Phi, bisogna prendere la lance; non ci sono strade sull’isola e le lance sono un po’ come le macchine, tutti ne hanno una. Il primo giorno contratto il prezzo per raggiungere Ton Sai, il villaggio principale, e in poco più di mezz’ora sono lì. Ton Sai è un po’ una delusione, è caotica, un mucchio di case, ostelli di bassa categoria, ristoranti, negozi di massaggi e di tattoo, diving e chi più ne ha più ne metta. Prima dello tsunami era un classico villaggio di mare, carino, con poche costruzioni basse; dopo lo tsunami è avvenuta una cementificazione selvaggia che non ha lasciato scampo. Salgo a piedi al famoso View Point per fare la classica foto di Phi Phi con le baie gemelle dall’alto e il panorama è disturbato dalle tante costruzioni, mi scende quasi una lacrima. Come hanno fatto a permettere tutto questo?

Maya Beach, la famosa spiaggia dove è stato ambientato il film The Beach, a Phi Phi Ley Island
Maya Beach, la famosa spiaggia dove è stato ambientato il film The Beach, a Phi Phi Ley Island

Questa stessa sensazione mi assale in maniera ancora più forte il giorno seguente quando faccio la gita a Maya Beach. Phi Phi Leh si raggiunge in 1ora e le sue bellissime scogliere a picco sul mare ricordano molto Halong Bay in Vietnam. Il mio barcarolo mi chiede di tuffarmi per raggiungere un approdo da cui potrò camminare fino a Maya Beach; mi sento un po’ Leonardo di Caprio quando vede la spiaggia per la prima volta. Purtroppo la mia visione è molto lontana da quella del film! Mi spiego meglio, la baia e la spiaggia che mi si parano davanti agli occhi sono di rara bellezza, la baia è semi chiusa a mezzaluna ed è circondata da scogliere verdeggianti lambite da acque cristalline. La spiaggia è abbastanza larga ed è di sabbia fine e bianca, il che che conferisce un bellissimo colore verde/azzurro all’acqua. Purtroppo a tutta questa bellezza si contrappongono i migliaia di turisti con il selfie stick in mano che vengono scaricati dalle lance e dai motoscafi ogni minuto; sembra di camminare a Copacabana durante il carnevale! Non so quale sia la soluzione, ma qualcosa dovranno pur inventarsi per evitare che ci sia un crollo ecologico a breve.

Trascorro gli altri tre giorni sull’isola rilassandomi sulle spiagge paradisiache di Hat Laem Thon, Loh Ba Gao Bay e Loh Moo Dee Bay (tutte sul lato occidentale dell’isola) e facendo snorkeling, prima di partire alla volta di Railay.

 

TAPPA 2 – RAILAY BEACH

Railay si trova sulla terraferma, a nord di Krabi, ma non è raggiungibile via terra. È un promontorio roccioso famoso per i suoi faraglioni, le sue pareti a strapiombo sul mare (perfette per l’arrampicata) e le spiagge bianche. Ci arrivo col buio e non riesco a vedere molto ma percepisco da subito il suo mood rilassato, c’è qualche ristorantino, qualche bar e poco altro, nessuna confusione. A differenza di Phi Phi, a Railay è rimasta quell’atmosfera hippie che è ormai sparita in buona parte della Thailandia. Esco per andare a cena e scopro che proprio quella sera ci sarà un incontro di Muay Thai, la boxe thailandese. Questo posto già mi piace! Non ero mai riuscita a vedere un incontro prima d’ora e non sto più nella pelle! Riesco a guadagnarmi una sedia proprio sotto il ring e inizia lo spettacolo. Si parte con la Ram Muay, una danza rituale che viene eseguita con movimenti lenti e simbolici accompagnati dalla musica (musica che accompagna tutto lo svolgimento dell’incontro e la cui intensità cresce man mano che l’incontro si fa più cruento). Mi spiegano che questa danza serve ad ottenere il favore degli spiriti benigni e scacciare quelli maligni dal terreno dello scontro. Dopo il Ram Muay inizia il match; a differenza del pugilato nel Muay Thai vale quasi tutto, pugni, calci, gomitate e ginocchiate: se le danno di santa ragione a mani nude. Al 3° round il mio favorito viene colpito alla testa ed è KO; cade praticamente davanti alla mia faccia, sono agitatissima, per fortuna non impiega molto a fare un cenno per dire che sta bene. In tutto questo il suo avversario è lì accanto a lui che prega e lo abbraccia e veder interpretare lo sport in questo modo fa proprio bene al cuore. A fine incontro entrambi i lottatori escono a salutare il pubblico e riesco a stringergli la mano.

La mattina dopo raggiungo la famosa spiaggia di Phra Nang beach, sulla punta del promontorio. Per arrivarci si attraversa un sentiero che passa vicino alla giungla e attraversa delle piccole grotte popolate dalle scimmie. La spiaggia è magnifica! È una spiaggia bianca molto lunga, chiusa sui due lati dalle grotte. Davanti alla spiaggia poi, grazie a diversi faraglioni che si stagliano in mare, si formano delle piscine dall’acqua super-trasparente. Non ci sono costruzioni di nessun genere e il colpo d’occhio è veramente incredibile. Di spiagge thailandesi ne ho viste tante e penso che Phra Nang sia decisamente una delle più belle in assoluto. Per vedere il tramonto mi sposto sulla spiaggia di Railay West a bermi una Singha,  aspettando il calare del sole.

 

TAPPA 3 – KHAO LAK E LE ISOLE SIMILAN

Raggiungere Khao Lak da Railey non è facilissimo, ma alla fine ci arrivo. Le informazioni che avevo reperito a Railey erano abbastanza confuse, quando dici che devi andare da qualche parte ti dicono sempre che è possibile, in Thailandia è sempre tutto possibile! Di fatto poi è così, ma non sai mai cosa aspettarti. In questo caso sono arrivata a Khao Lak in circa 5 ore prendendo una lancia fino a Krabi e poi 2 minivan (con un trasbordo dalle parti di Phuket). Il paese di Khao Lak di fatto non esiste, sono un mucchio di case, ristoranti e agenzie sulla strada statale; sapevo che avrei trovato più o meno questo, ma rappresenta la base perfetta per visitare le isole Similan, le isole Surin e il Parco Naturale di Khao Sok e ho deciso di tapparmi il naso e la bocca. Inizio a fare un giro tra le centinaia di agenzie per orientarmi tra i pacchetti e i prezzi, come al solito si trova un po’ di tutto e, a pelle, decido di affidarmi a un’unica agenzia per comprare tutte le gite. I costi non sono bassi per essere in Thai, spendo circa 60-70 euro a gita, ma è anche vero che le isole non sono poi così vicine.

La prima gita è alle isole Similan, uno degli arcipelaghi più famosi al mondo per il diving e per lo snorkeling. L’organizzazione è super precisa, mi vengono a prendere in hotel alle 7, arriviamo al porto dove ci spiegano il programma dettagliato della giornata e finalmente si parte su un enorme motoscafo da 30 posti che raggiunge velocità folli. Purtroppo la giornata non è delle migliori, tra pioggerellina e mare mosso, ma passeremo la maggior parte del tempo in acqua a fare snorkeling quindi decido di non deprimermi. Raggiungiamo la prima isola dopo un paio d’ore per la prima tappa di snorkeling. Mi tuffo in un acquario, dopo pochi minuti vedo un polipo, una murena, tantissimi pesci pagliaccio e mille altri pesci tropicali. La barriera corallina purtroppo si è sbiancata (ho chiesto ma non sono riuscita a capirne il motivo) ma la quantità e la qualità dei pesci è veramente impressionante. Nell’arco della giornata ci fermeremo in altri 3 spot altrettanto belli. L’unica nota stonata è la sosta per il pranzo sull’isola 4, mi è sembrato di andare alla mensa dei poveri. Tutte le barche delle agenzie si fermano qui scaricando a terra centinaia di persone che si mettono in coda per il rancio. Per fortuna questa marea umana rimane piuttosto invisibile durante  il resto della giornata. Torno in hotel verso le 5, felice e pronta per la gita del giorno dopo.

 

TAPPA 4 – PARCO NAZIONALE DI KHAO SOK

Dopo tanto mare avevo bisogno di sgranchirmi un po le gambe e vedere qualcosa di diverso. La sveglia suona all’alba e poco dopo mi ritrovo sul minivan che mi porterà al Parco Nazionale di Khao Sok, che si trova a più di 2 ore di auto verso l’entroterra. È un parco immenso e le agenzie propongono diversi tipi di tour: io ho optato per l’esplorazione del grande lago Chiaw Lan e un trekking nella giungla. La strada che si percorre per raggiungere il centro visitatori è molto bella, un susseguirsi di curve che attraversano la giungla in cui capita di vedere anche qualche elefante selvatico. Questa è una delle zone più umide della Thailandia ed è incredibilmente verde e selvaggia.

Il grande lago all’interno del Parco Nazionale di Khao Sok
Il grande lago all’interno del Parco Nazionale di Khao Sok

Arrivati al centro visitatori saliamo su una lancia e ci dirigiamo verso le  grandi formazioni rocciose che affiorano dall’acqua in diversi punti del lago per arrivare poi nell’unico “villaggio” presente all’interno del parco. In realtà più che di un villaggio, si parla di una decina di case-palafitta dove i turisti posso alloggiare e mangiare se si fermano per più giorni. Ci fermiamo qui anche noi per pranzare e fare un bagno nelle acque cristalline del lago. Dopo pranzo si parte per il trekking e veniamo informati (per la prima volta) che serviranno le scarpe da ginnastica e che dovremo guadare dei torrenti la cui altezza dell’acqua potrebbe arrivarci anche alle spalle: meglio tardi che mai! Tempo di infilare la macchina fotografica e il cellulare nella sacca stagna (un acquisto fondamentale per qualsiasi viaggio in Thailandia) e si parte in fila indiana lungo un sentiero fangoso all’interno della giungla fittissima. Il trekking si rivela più duro del previsto, si scivola di continuo e i torrenti da attraversare sono tanti, ma la vista è decisamente appagata. La giungla è piena di animali, di cascate e di vegetazione. Dopo un paio d’ore si torna indietro, completamente bagnati e ricoperti di fango dalla testa ai piedi; giusto il tempo di cambiarci e si riparte con la lancia per tornare indietro. Arrivo in hotel alle 8 passate, stanca ma molto soddisfatta dell’esperienza.

Un tuffo rinfrescante nelle acque cristalline del Parco Nazionale di Khao Sok
Un tuffo rinfrescante nelle acque cristalline del Parco Nazionale di Khao Sok

 

TAPPA 5- LE ISOLE SURIN

Mi sono tenuta le isole Surin come ultima tappa del viaggio per chiudere con il mare. Le 5 isole che costituiscono questo arcipelago molto vicino al confine marino con la Birmania sono meno gettonate rispetto alle isole Similan e, sostengono in molti, più belle e autentiche. Oggi è una giornata magnifica e non si vede neanche una nuvola all’orizzonte; partiamo alle 8 con il motoscafo e alle 9:30 sono già in acqua per la prima tappa di snorkeling accanto alla North Surin, l’isola più grande. Le enormi conformazioni granitiche e il colore dell’acqua mi ricordano tantissimo le Seychelles, le isole sono verdissime, la sabbia è dorata e il colore dl mare è di un bel verde/azzurro scintillante. A differenza delle Similan, qui non c’è stato un grande sbiancamento dei coralli duri e la barriera è ancora colorata e popolata da tantissimi pesci tropicali. Per la prima volta da quando sono in Thailandia riesco a vedere anche alcuni pesci pagliaccio (Nemo!) protetti dalla loro anemone. La seconda tappa della gita è al villaggio dei Moken, gli zingari del mare. I moken si sono fermati a vivere in questa baia della South Surin da moltissimi anni ormai, dormono su delle palafitte di legno e vivono principalmente di pesca. Mi raccontano che durante lo tsunami che spazzò via l’intero villaggio non morì nessuno di loro perchè furono in grado di interpretare i segnali del mare e si rifugiarono in alto, sulle colline. I moken non sono nè buddisti nè musulmani, credono negli antenati ed è possibile vedere questi grandi totem in legno che li rappresentano sparsi per il villaggio, dove svolgono antichissime cerimonie. Da lì ci spostiamo di nuovo sulla North Surin, questa volta a terra, per pranzare e rilassarci su una spiaggia paradisiaca. Il pomeriggio prevede altre due tappe di snorkeling; speravo di vedere almeno una tartaruga marina o uno squaletto ma tornerò a casa con l’amaro in bocca. Poco male, sarà la spinta per tornarci un’altra volta, magari fermandomi a campeggiare sulle isole.

bambini della comunità (ex) nomade delle Isole Surin
bambini della comunità (ex) nomade delle Isole Surin

Ora la vacanza è davvero finita, domani si torna al freddo e al gelo di Milano. Guarderò la mia abbronzatura con le lacrime agli occhi pensando al tempo che dovrà passare prima che possa ritornare di nuovo da mamma Thailandia.

 

Le altre foto di BeBorghi in Thailandia

 

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Redazione the trip
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